Page 100 - Papaveri e papere
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Lontano dai ministeri ma sulla piazza del Parlamento non è, purtroppo,
            che le cose vadano molto  meglio. Un famoso servizio televisivo delle

            Iene,  nell’ottobre  2006,  portò  allo  scoperto  parecchi  buchi  —  o
            piuttosto voragini?  – nella cultura generale dei cosiddetti parlamentari
            «peones»,  quelli  lontani  dalle  prime  file.  L’intervistatrice  Sabrina

            Nobile  comincia  da  Mandela:  chi  è?  «…un  presidente…
            sudamericano… del Brasile… Ah, si, è vero, del Sudafrica… È stato un
            capsus»,  e  sul  lapsus  del  lapsus  si  allontana  l’onorevole  Francesco

            Paolo  Lucchese,  UDC,  di  professione  primario  ospedaliero.
            «Avvocato?»  ipotizza  invece,  sempre  a  proposito  di  Mandela,
            l’onorevole DC Francesco De Luca. Più astuta, l’«aennina» Maria Ida
            Germontani  traccheggia:  «Ci  sono  diverse  opinioni  sulla  figura  di

            Mandela…» Sì, ma chi è? «Scusate, devo andare a votare…» e scappa
            via senza rispondere.

            È  ormai  un  classico  anche  la  risposta  dell’onorevole  Elisabetta  Gardini,
            portavoce  di  Forza  Italia,  alla  domanda  su  cosa  sia  la  Consob:  «La

            Consob…Certo è la Consob…

            Mi dica lei cos’è la Consob… Sì è la commissione che controlla…» ma la
            parolina  magica,  la  Borsa,  proprio  non  viene  fuori.  Esilarante  infine  la
            competenza dei nostri in politica internazionale. Il Darfur? «C’entra con la

            questione  del  Libano,  credo».  O  forse  no:  «È  una  moda  non  italiana…
            Darfur…  sono  cose  fatte  in  fretta».  Il  primo  deputato  era  dell’Ulivo,  il
            secondo di Forza Italia.

            L’imbarazzo  di  Luca  Cordero  di  Montezemolo,  allora  leader  di

            Confindustria,  ha  invece  differenti  radici.  Nel  novembre  2006,  il
            multipresidente  (Fiat,  Ferrari  e  Industriali)  pronuncia  un  discorso  che
            sembra  una  summa  di  pensieri  sfuggiti  alla  vigilanza  dell’Io  conscio,

            nonché  al  controllo  della  lingua.  Attacca  così:  «Nel  mio  primo
            intervento da presidente della Repubblica…» Non ancora, devono aver
            pensato in molti, a cominciare da Giorgio Napolitano seduto in prima
            fila. L’Italia, allora piena di voci sulle presunte ambizioni politiche del

            leader degli industriali, si convince che devono essere vere. Tanto più
            che  l’oratore  insiste,  e  definisce  «ministro»  Veltroni,  all’epoca  solo
            sindaco. Si scusa ma, come dicono i veneti, sembra proprio «un tacon»,

            una  pezza  peggiore  del  buco:  «Non  è  la  mia  giornata,  pensavo  a  un
            Paese  che  deve  guardare  avanti».  Con  Montezemolo  presidente  e
            Veltroni ministro?
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