Page 94 - Papaveri e papere
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cugina di Elisabetta II. Purtroppo il leader russo diede voce alla sua
ammirazione con ripetuti e insistenti brindisi, una serie di pesanti
complimenti e l’invito finale ad andare a trovarlo a Mosca. Alexandra
ovviamente se ne guardò bene, ma un mese dopo, nell’ottobre 1994, fu
la regina in persona a recarsi in Russia, nella prima visita di un monarca
inglese dalla Rivoluzione bolscevica del 1917 (suggellata
dall’assassinio dei parenti Romanov). Purtroppo, l’epilogo dello storico
avvenimento fu guastato dall’abituale incontinenza verbale (e non solo)
del presidente russo. L’ultima sera, al termine del banchetto offerto
dalla sovrana a bordo dello yacht reale ormeggiato a San Pietroburgo, il
giudizio di Eltsin risuonò stentoreo e inappellabile: Russkaia kuchnia
luce, «Meglio la cucina russa». Magari anche vero, ma il guaio è che il
menu lo aveva scelto la regina in persona.
Il nuovo zar moscovita, Vladimir Vladimirovic Putin, com’è noto, è
pressoché astemio (anche se non se ne vanta), occhi di ghiaccio e
rarissimi sorrisi. Insomma, non un tipo espansivo, però propenso a
sparare freddure letteralmente artiche. Mal sopporta soprattutto le
domande sulla Cecenia, dove l’Occidente gli rimprovera una sistematica
e aberrante violazione dei diritti umani. Quando l’inviato di Le Monde,
Laurent Zecchini, insiste sull’argomento, nel novembre 2002, Putin lo
schernisce, chiedendogli se intende convertirsi all’Islam: «In questo
caso potremmo aiutarla», ribatte sarcastico. «Se è pronto a farsi
circoncidere la invito a Mosca. Abbiamo specialisti per questo problema
e raccomanderò loro di farle l’operazione in modo tale che non le
ricrescerà mai più niente.»
Con l’Italia, e soprattutto con Berlusconi, Putin esibisce una speciale
relazione di amicizia e partnership. Che non gli impedisce però di essere
brutale se lo ritiene conveniente. In un incontro con alcuni leader europei, i
rimbrotti in tema di diritti umani si fanno un po’ troppo pressanti, e
all’accusa che il ruolo della legge in Russia è alquanto marginale zar Putin
sbotta: «Ma di che parlate? La mafia è nata in Italia, non in Russia».
L’ex agente del KGB che ha conquistato il Cremlino parla poco ma non le
manda mai a dire. In visita a Roma, nel 2003, a una domanda
sull’eventuale invio di soldati russi in Iraq, sintetizza: «Non siamo mica
fessi». Idee precise anche sul dossier nucleare iraniano. Si rifiuta di seguire
la linea occidentale delle sanzioni, e per renderlo più chiaro preferisce il
linguaggio da osteria: «Se mia nonna avesse gli attributi maschili sarebbe
mio nonno. La politica non si fa con i se. Bisogna avere un approccio