Page 9 - Papaveri e papere
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misericordiosa  quando  si  tratta  di  giudicare  i  suoi  elettori.  «Sono  o  no
            terroristi quelli che mettono le bombe contro le cliniche dell’aborto?» le

            domanda un giornalista della NBC. E lei, cogitabonda: «Non so se qui è il
            caso di usare la parola terrorista…»

            Al confronto, gli svarioni geografici fanno quasi tenerezza, e confermano
            in verità un punto debole dell’intera classe politica americana  (vedi alla

            voce Obama…). A un convegno per la raccolta di fondi elettorali a San
            Francisco,  per  esempio,  Mrs  Palin  si  esalta  al  pensiero  che  si  stanno
            costruendo  scuole  in Afghanistan,  «così  che  possano  esserci  speranza  e

            opportunità nel Paese nostro vicino». E l’oceano di mezzo, e il deserto di
            Gobi e la catena dell’Hindu Kush? Bah… Chissà se nel frattempo si sarà
            ricreduta sulla supposta vicinanza, ma dopo tutto anche il suo boss McCain

            aveva  confuso  i  musulmani  sunniti  con  quelli  sciiti,  sostenendo  che
            «bisogna cacciare Al Qaeda dall’Iraq e rimandarlo in Iran». Dove, se mai
            ci  arrivasse,  Bin  Laden  sarebbe  sicuro  di  trovare  la  morte  per
            impiccagione.

            Avrà  un  futuro  politico  il  «pitbull  col  rossetto»?  Forse,  ma  almeno

            mostra  un  sicuro  istinto  commerciale.  La  sua  autodefinizione  si  è
            trasformata in una specie di brand come la bambola Barbie, e durante la
            campagna negli USA è fiorito un mercato parallelo di gadget elettorali

            dominato da una serie di pitbull grandi e piccoli. Di solito accompagnati
            da magliette con l’impronta del «bacio di Sarah», stampigliato in rosso
            fuoco: a forma di cuore per le T-shirt destinate agli elettori repubblicani,

            disegnato invece come un ringhio per gli acquirenti democratici.

            L’antagonista  Joe  Biden,  ora  felicemente  insediato  come  vicepresidente
            degli  States,  non  ha  un  palmares  così  impressionante  ma  nessuno  gli
            toglierà  mai  più  la  nomea  di  scippatore  letterario  che  si  è  guadagnato

            grazie alla pesca «abusiva» nei discorsi degli altri. Nel 1987 il senatore del
            Delaware  era  tra  i  maggiori  papabili  alla  nomination  democratica.
            Purtroppo,  un  discorso  del  leader  laburista  britannico  Neil  Kinnock  gli
            piacque così tanto che arrivò a plagiarlo quasi interamente, adattando le

            frasi  al  contesto  americano  e  ovviamente  dimenticando  di  indicare  la
            paternità del testo. Risultato: una candidatura in briciole.

            Vent’anni  dopo,  con  una  fama  planetaria  come  presidente  della
            Commissione Esteri del Senato, Biden ha affrontato la corsa con maggiore

            prudenza in fatto di retorica, ma con una certa spensieratezza in tema di
            storia.
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