Page 14 - Papaveri e papere
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pendono i…» È proprio come «cavalcare una barriera di filo spinato», si
            lamenta  il  povero  presidente-cowboy,  chiedendo  infine  per  la  sua

            biancheria un po’ più di stoffa «around under my bunghole», che – se
            permettete  —  io  mi  limito  a  tradurre  come  «sotto  il  cavallo»  (ma
            testualmente  è  parecchio  più  pesante).  Johnson  comunque  non  si

            ricandidò nel 1968, e i problemi del suo intimo tornarono strettamente
            privati.

            Totalmente politica, invece, la gaffe che costò a Gerald Ford l’elezione nel
            1976.  Nessun  dubbio  che  fosse  un  brav’uomo,  e  soprattutto  –  dopo  lo

            scandalo Water- gate — un uomo onesto. Ma incredibilmente prono alle
            figuracce.  Inciampò  perfino  sugli  scalini  dell’aereo  presidenziale,  e  un
            implacabile  vignettista  satirico  di  quegli  anni  prese  a  disegnarlo  ogni

            giorno  con  un  barattolino  in  testa,  come  un  patetico  clown  da  circo  di
            periferia. L’immagine di Ford ne risultò magari umanizzata – soprattutto
            dopo la presidenza imperiale, arrogante e corrotta di  Nixon  –  ma anche
            sminuita, più oggetto di risate che di rispetto.

            Il colpo di grazia arrivò il 6 ottobre 1976, nel corso del dibattito tv con il

            rivale democratico Jimmy Carter. Sfidato sul terreno della politica estera,
            accusato  di  lasciare  mano  libera  in  Europa  all’Unione  Sovietica,  Ford
            sprofondò  in  confusione  e  dichiarò  che  «la  Polonia  e  l’Europa  orientale

            non  erano  sotto  il  dominio  sovietico».  Incalzato  su  questa  improvvida
            dichiarazione,  peggiorò  le  cose  con  la  sua  insistenza:  «Non  c’è  nessuna
            dominazione  sovietica  sull’Europa  dell’Est,  e  non  ci  sarà  sotto

            un’amministrazione Ford». E chiaro che era quest’ulti mo il messaggio che
            voleva mandare, ma intanto si era giocato la Casa Bianca.

            Il suo successore Carter non si dimostrò più accorto. Solo l’avversione
            popolare  per  l’antagonista  Ford  fece  scivolare  nella  disattenzione  una

            gaffe potenzialmente esiziale. In piena campagna elettorale, il candidato
            di  fede  battista  arrivato  dalla  Georgia  si  ricorda  che  il  voto,  come  la
            pecunia, non olet. Decide dunque di rilasciare un’intervista a Playboy:
            scelta  già  molto  arrischiata  in  un  Paese  attraversato  da  periodiche

            ondate di bigottismo, e dove pochi anni dopo il candidato democratico
            Gary Hart dovrà gettare la spugna perché incastrato con l’amante. E che
            ti  va  a  dire  Carter  all’organo  ufficiale  dell’orgasmo  sessuale?  «Ho

            guardato  moltissime  donne  con  lussuria.  Nel  mio  cuore  ho  commesso
            adulterio molte volte. E qualcosa che Dio sa, e spero che mi perdoni.»
            Per sua buona ventura, lo fecero anche gli elettori.

            Ma  non  la  stampa,  che  non  gli  fu  mai  troppo  amica.  E  lo  fucilò  alle
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