Page 7 - Papaveri e papere
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una  statua  di  marmo  sul  Campidoglio  di  Washington,  però  qualche
            ineleganza,  qualche  caduta  di  stile…  Per  esempio,  parlando

            dell’avversario  McCain,  osservò  che  aveva  «lost  his  bearings»,  cioè
            appariva disorientato: a molti il commento parve una malevola allusione
            a certi problemi che affliggono gli anziani, dal momento che il senatore

            repubblicano ha da tempo varcato la soglia dei settant’anni.

            Obama, che ne ha venticinque di meno, ha mostrato del resto che pure lui
            ha  problemi  di  orientamento,  in  senso  strettamente  geografico.  In  un
            discorso  in  Oregon  ha  portato  a  cinquantasette  il  numero  degli  Stati

            americani  (com’è  noto,  sono  al  massimo  cinquantuno,  se  si  conta  il
            District  of  Columbia…).  Anche  del  Medio  Oriente  sembra  nutrire  una
            conoscenza  alquanto  vaga  e  generica,  giacché  si  è  rammaricato

            dell’impossibilità di trasferire interpreti e traduttori da Baghdad a Kabul.
            C’è un piccolo dettaglio: in Iraq si parla arabo e in Afghanistan soprattutto
            pashtu e farsi, ma certo arabo no.

            Va  meglio  con  l’Europa?  Mah…  In  un  discorso  tenuto  per  il  Memorial
            Day in onore dei caduti di guerra americani, Obama ha ricordato che nel

            1945 suo zio era stato tra i soldati statunitensi liberatori di Auschwitz. Il
            problema è che a liberare i detenuti di quel lager simbolo dell’Olocausto
            furono  i  militari  sovietici,  non  gli Alleati  occidentali,  e  il  fratello  della

            madre di Obama apparteneva in realtà ai reparti che liberarono Ohrdruf,
            altro campo di sterminio.

            Errori veniali, diciamo la verità, ampiamente compensati dalle battute di
            spirito del candidato afroamericano. Al giornalista che gli presentava un

            albero genealogico secondo il quale Dick Cheney, vicepresidente e «anima
            nera»  di  Bush,  sarebbe  un  suo  cugino  di  ottavo  grado,  Obama  ribatté
            lapidario:  «Non  lo  sapevo.  E  comunque  grazie.  È  la  prova  che  ogni

            famiglia ha la sua pecora nera».
            I comici non si sono mai permessi – in nome del «politicamente corretto»

            —  di  scherzare  sull’aura  messianica  che  ha  circondato  per  tutta  la
            campagna  elettorale  il  candidato  non  bianco.  Così  Barack  l’arguto  ha
            dovuto  pensarci  lui  stesso:  «Non  è  affatto  vero  che  sono  nato  da  una

            vergine e sono stato scaldato in una mangiatoia da un bue e un asinelio. In
            realtà,  mio  padre  mi  ha  mandato  qui  dal  pianeta  Krypton  per  salvare  la
            terra dall’autodistruzione». Non Gesù ma solo Superman…

            Insomma, per ridere davvero nell’ultima battaglia presidenziale bisognava

            seguire altre tracce: quelle dei due candidati alla vicepresidenza.
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