Page 79 - Papaveri e papere
P. 79

è  che  spesso  escono…  troppo  presto!  In  Italia  nel  2002  fu  dato
            inavvertitamente  da  RaiNews  quello  su  Giovanni  Paolo  II,  subito

            segnalato  dal  portale  Clarence. Anche  la  CNN  ha  preso  una  cantonata
            gigantesca  nel  2003,  quando  furono  diffuse  le  commemorazioni  da
            pubblicare alla scomparsa   di  personaggi  come  lo  stesso  Karol  Wojtyla,

            Dick Cheney e Fidel Castro.

            D’altra  parte,  uguale  sorte  era  toccata  molto  tempo  prima  anche  allo
            scrittore Mark Twain, il quale, leggendo il suo necrologio anticipato sul
            giornale del mattino, commentò: «Le notizie sulla mia morte sono di gran

            lunga esagerate».








                                  D a g l i  altari sbuca la santa gaffe



            Ligio  all’avvertimento  «Scherza  con  i  fanti  e  lascia  stare  i  santi»,  mi
            guarderò bene dall’entrare in dispute dottrinali o in delicate discussioni
            teologiche. Ma, a partire da quel santo papa che fu Giovanni XXIII, è
            indiscutibile che il profilo della Chiesa si sia fatto meno ieratico e più

            umano. E a quelle prime promesse giovannee, a quel «date una carezza
            ai vostri bambini, e dite loro che è la carezza del papa», ha fatto seguito
            l’umanità  piena  e  vigorosa  prima,  debole  e  provata  poi,  di  un  grande

            pontefice  come  Giovanni  Paolo  II.  Che  anche  un  laico  convinto  come
            me ha sempre trovato – al pari di tanti altri milioni di esseri umani in
            giro per il mondo — di una simpatia irresistibile. Forse anche in ragione

            di quella prima gaffe, credo, pubblicamente ammessa da un papa, e che
            rimane la più celebre: quel suo «se sbaglio, mi corriggerete», pronunciato
            di  fronte  ai  romani  la  sera  dell’elezione  alla  guida  della  Chiesa,  nel

            lontano ottobre 1978.

            Karol  Wojtyla,  si  sa,  aveva  il  dono  delle  lingue.  Ne  parlava  e  ne
            comprendeva  tante.  Anche  quando  la  malattia  cominciava  a  minarlo,
            appena si sentiva meglio ritrovava l’antica versatilità. Arrivò a fare gli

            auguri di Pasqua in una sessantina di idiomi. Ovviamente non li parlava
            tutti  ma  padroneggiava  pressoché  perfettamente  i  principali  linguaggi
            europei, spagnolo incluso. La stanchezza però può fare brutti scherzi, e
            il  pontefice  doveva  essere  esausto  durante  quel  lungo  viaggio  in
   74   75   76   77   78   79   80   81   82   83   84