Page 74 - Papaveri e papere
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verificarne  l’autenticità.  Così  accade  che  una  delle  più  frequenti  gaffe
            giornalistiche sia l’annuncio di morte anticipata. Ci sono passati in tanti,

            ancora fortunatamente viventi, per l’ansia di un reporter di arrivare primo.
            E talvolta ci si mettono pure i direttori.

            Emilio  Fede,  per  esempio,  ha  una  storia  di  grande  cronista  e  inviato,
            amante  degli  scoop:  la  satira  che  ne  fece  tanti  anni  fa,  nel  breve

            romanzo omonimo, una penna velenosa come Evelyn Waugh, non lo ha
            mai dissuaso dall’inseguirli. Così, nel giugno 1996, la sera prima delle
            elezioni  presidenziali  russe,  un’eccitata  telefonata  dal  TG1  mi

            raggiunge nel  mio ufficio di corrispondente a Mosca:  «Hai sentito? È
            morto Eltsin…» «Dove, quando, chi l’ha detto…» riesco a farfugliare,
            ovviamente seccato per aver «bucato» la notizia. Dall’altro capo del filo

            diventano  evasivi:  «Bah,  precisamente  non  saprei,  la  televisione…  Il
            TG4, in diretta qualche minuto fa…» «Ma come?» obietto, «non hanno
            nessuno qui, la TASS non dice niente, il Cremlino neppure…» Chiamo
            Sergei  Yastrzhembsky,  portavoce  presidenziale:  «È  vero  che  Eltsin  è

            morto?» Quasi  mi manda al diavolo: «Ma siete pazzi, che dici…» Mi
            precipito sul telecomando e mi sintonizzo sul TG4. In tempo per sentire
            il mitico Fede che sta per chiudere il notiziario con queste parole: «E

            infine, di poco fa, la notizia della morte di Boris Eltsin. Non sappiamo
            ancora se è vera o no, ma comunque ve l’abbiamo data per primi».

            A questo genere di angoscia da prestazione non si sottraggono le testate
            che  hanno  scritto  l’epica  del  mestiere.  Monica  Vitti  ha  riso  della  sua

            morte, che Le Monde aveva annunciato con largo anticipo il 3 maggio
            1988. A comunicare all’attrice il suo decesso per suicidio un’amica che
            telefona  in  lacrime  dalla  Svizzera,  per  sentire  che  all’apparecchio  le
            risponde  proprio…  la  deceduta!  L’amica  alza  il  volume  del  suo

            televisore e, attraverso la cornetta, Monica sente lo speaker parlare di
            lei  con  voce  commossa:  «I  suoi  capelli  biondi  resteranno  per  sempre
            nella  nostra  memoria,  e  così  le  sue  interpretazioni,  da Antonioni  alla

            commedia…»,  e  avanti  col  panegirico.  Una  giornata  che  la  Vitti
            racconterà  poi  ad  Anna  Maria  Mori  con  la  consueta  ironia:  «La
            telefonata  dell’ANSA,  quella  di  Alberto  Sordi  ‘a  me  è  successo  sei
            volte,  a  Fellini  quattro,  coraggio  amore  mio’.  Alla  fine  da  Parigi

            arrivano duecento rose rosse con un biglietto: ‘Rosse come il sangue di
            una  lunga  vita,  rosse  come  il  sole  di  una  fama  intramontabile,  rosse
            come  il  volto  della  nostra  vergogna…  Pardon.  Firmato:  Jean-Pierre

            Clerc — Le Monde’». (A proposito, i colleghi di Le Monde sono recidivi
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