Page 69 - Papaveri e papere
P. 69
rumoroso, mio caro Mozart. Troppe note». Ma almeno Ferdinando era
solo una testa coronata, non necessariamente piena.
Purtroppo la storia della musica, ma anche quella della letteratura come si
vedrà tra poco, induce a concludere che i cosiddetti specialisti sono di
solito i più tardi a comprendere e accettare le novità. Vale anche di fronte a
personaggi che il tempo consacra come autentici monumenti.
Nel 1737 il compositore e musicologo Johann Scheibe (altro nome
misericordiosamente annegato nella marea dei secoli) si pronuncia
implacabile, nientedimeno, su Johann Sebastian Bach: «Privo di
bellezza, di armonia e della chiarezza della melodia». Altri cent’anni, e
nel 1828 è la Zeitung fur die elegante Welt, la Gazzetta del mondo
elegante, a suonare campane a morto per la Seconda Sinfonia di
Beethoven: «Una cruda mostruosità, un serpente che non cessa di
arrotolarsi, che rifiuta di morire, e anche sanguinando a morte continua
ad agitarsi furioso e senza senso con la sua coda». Amen.
D’altro canto, nemmeno una di quel tesoro inestimabile che ci appaiono
le nove sinfonie si salva da attacchi tanto qualificati quanto selvaggi.
L’Eroica è giudicata «troppo aspra e bizzarra» dall’Allgemeine
musikalische Zeitung nel 1805. La Quinta offende come «un’orgia di
volgare rumore» il violinista e compositore Louis Spohr (Spohr chi?),
che nel 1861 dichiara anche la Nona «brutta e di cattivo gusto». Non si
salva la Sesta, «troppo lunga» per il londinese The Harmonicon (1823),
rivista colta che giudica più tardi l’Ottava «eccentrica senza essere
divertente, e laboriosa senza alcun effetto». Ma è ancora il ruvido
Ruskin che va per le spicce, senza stare a perdersi nell’una o nell’altra
composizione del genio renano. Beethoven – stabilisce – «mi sembra
sempre un sacco di chiodi rovesciato, e qua e là anche un martello che
cade». Come stupirsi, di fronte a un tale incontentabile brontolone, che
la moglie Effie lo abbia piantato per gettarsi tra le braccia del pittore
John Everett Millais?
Sentita la Sinfonia Fantastica di Hector Berlioz, il nostro Rossini si
felicita: «Che bella cosa che questa non sia musica» (ma di lui, Rossini,
Beethoven aveva detto: «Sarebbe stato un grande compositore se il suo
maestro gli avesse dato abbastanza sculaccioni»).
Sul medesimo Berlioz, l’igienista Felix Mendelssohn dichiara nel 1834:
«Bisognerebbe sempre lavarsi le mani dopo aver toccato uno dei suoi
spartiti», e addirittura quarant’anni dopo l’americano Boston Daily