Page 73 - Papaveri e papere
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Manchester Guardian nel 1917, come La terra desolata di T.S. Eliot:
«Se il signor Eliot avesse avuto la compiacenza di scrivere in inglese
popolare, La terra desolata avrebbe forse potuto non essere, come è per
tutti coloro che non sono antropologi e letterati, così tanta carta
straccia».
Diciamo la verità, poi: nulla come l’assegnazione di un Nobel scatena
una tale ansia detrattiva, a volte magari – dipende dalla scelta… – anche
giustificata. Però, si possono definire «eroi incontinenti», destinati a
non reggere, i personaggi di Samuel Beckett? Eppure così li descrive lo
Spectator nel 1959, evidentemente ignaro che dieci anni dopo il
Comitato Nobel sarà di opposto avviso. E James Joyce, il più
straordinario funambolo verbale del Ventesimo secolo? Non lo è per la
collega scrittrice Virginia Woolf, che stronca il suo capolavoro, l’Ulisse,
come «un libro prolisso, torbido, pretenzioso, bastardo… Uno scrittore
di prima categoria rispetta troppo la scrittura per usare delle astuzie».
Quel noto puritano di nome D.H. Lawrence – ricordate? L’amante di
Lady Chatterley, all’uscita bandito in tutte le case per bene —
addirittura moraleggia: «Dio mio, che nauseante olla putrida è James
Joyce! Nient’altro che vecchi mozziconi, monconi di citazioni dalla
Bibbia e cose simili, cotte deliberatamente in salsa di una mente
giornalistica sporca».
Basta, ne abbiamo sentite abbastanza. E poiché si tirano pesantemente in
ballo i giornalisti, mi pare arrivato il momento di dare un’occhiata pure in
casa nostra.
Cronisti o fantasisti? Quando i media finiscono al «circo»
«Leggere è niente, il difficile è dimenticare ciò che si è letto»,
ammoniva Ennio Flaiano nella Solitudine del satiro, libro che
bisognerebbe rendere obbligatorio nelle scuole. Siamo onesti, quello
espresso dal più pungente scrittore italiano è il sentimento che ci assale
spesso non solo quando chiudiamo un libro, ma anche quando
ripieghiamo il giornale. Il tasso di precisione in ciò che noi addetti ai
media di massa oggi scriviamo, trasmettiamo o mettiamo in rete
continua ad abbassarsi pericolosamente: non senza effetto sul numero,
in costante riduzione, di chi ci legge o ci ascolta.
Il fatto è che la velocità appare più importante della verità, e oggi non c’è
più nessuno disposto a rimandare sia pure di poco una notizia per