Page 68 - Papaveri e papere
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giudicare un dipinto del giovane Pierre-Auguste Renoir: «Non ha proprio
            talento,  quel  ragazzo.  Ditegli  per  favore  di  smetterla  di  dipingere».

            Suggerimento,  per  fortuna,  rimasto  inascoltato,  anche  se  ribadito  quasi
            quarantanni  dopo  dal  collega  artista  Philip  Burne-Jones:  «È  difficile
            parlare con serietà del lavoro del signor Auguste Renoir». Che il nostro

            tempo  venera  come  un  gigante  della  modernità  mentre  ha  giustamente
            condannato all’oblio il supponente signor Burne-Jones.

            Stroncature che puntualmente si ripropongono a ogni nuova pagina del
            tormentato  panorama  artistico  dell’Otto  e  Novecento.  «Degas  è

            repellente!», sentenzia il New York Times nel 1886, ma poi è lo stesso
            Degas a consigliare all’investitore Henri Laurent di «comprare Maurin.
            Lautrec è un pittore che non resterà». Alzi la mano chi ha mai visto in

            giro una tela di Maurin, oggi totalmente dimenticato. Secondo «Marc de
            Montifaud»,  pseudonimo  di  un  critico  d’arte  di  sesso  femminile,
            l’insuccesso presso una parte della critica delle tele di Paul Cézanne al
            Salon d’Automne del 1904 spingeva a una sola conclusione: «Cosa ce

            ne facciamo ora del signor Cézanne? Peggio per i mercanti d’arte che
            credevano di fare furore con le sue tele!» E l’hanno fatto, «Monsieur de
            Montifaud», l’hanno fatto, glielo possiamo assicurare!

            Superfluo ricordare come fu accolto il debutto del cubismo. Perfino il

            famoso  mercante  d’arte  Ambroise  Vollard  liquidò  il  picassiano  Les
            demoiselles  d'Avignon  come  «l’opera  di  un  pazzo».  Lo  stesso  «folle»
            che  avrebbe  consegnato  al  mondo  quello  spaventoso  ritratto  del

            Novecento che è  Guernica. La famosa risposta di Picasso all’ufficiale
            tedesco che visitava il suo studio vale  quanto il quadro. «L’avete fatto
            voi questo orrore, maestro?» «No, è opera vostra.»




                      «Mozart è morto troppo tardi!» parola di Glenn Gould

             Aaron Copland scriveva che «se un letterato mette insieme due parole
            sulla  musica,  una  sarà  sbagliata».  Ma  Glenn  Gould  era  un  pianista

            meraviglioso,  che  ha  deliziato  noi  musicofili  del  secondo  Novecento
            con le sue Variazioni su Bach: possibile che gli sfuggisse la grandezza
            di Mozart? Eppure non ci sono dubbi su come la pensasse, stando alle

            sue  dichiarazioni  del  1984:  «Mozart  è  morto  troppo  tardi  invece  che
            troppo  presto».  Sembra  di  risentire  con  due  secoli  di  ritardo  l’eco
            dell’incredibile  giudizio  dell’arciduca  Ferdinando  d’Asburgo  dopo  la
            prima  rappresentazione  delle  Nozze  di  Figaro,  nel  1786:  «Troppo
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