Page 63 - Papaveri e papere
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manifesta in ogni occasione. Poiché lo immaginiamo dotato anche di
autoironia, non se la prenderà (spero) per la summa del suo pensiero che
tento nelle prossime righe.
Trapattoni, si sa, è uno che non ama mettere il carro davanti ai buoi;
piuttosto, come dice lui stesso, «lasciamo i buoi dietro al carro». È
un’esortazione comprensibile, perché – è sempre lui a spiegare —
«diciamo che puntualmente ogni tanto affiorano queste situazioni, però
lasciamo stare come stanno le cose, perché mi sembra che da un’analisi
fatta di una gara si sia voluto così creare una situazione fumogena molto,
molto intensa». Rischio peraltro che si corre, quello del fumo, quando uno
ha «maggior carne al fuoco al nostro arco, anche se l’arco lancia le
frecce».
Il rapporto con i media è un terreno al quale il Nostro, come è noto, ha
sempre prestato molta attenzione. Ci ha riflettuto a lungo, è arrivato a
certe conclusioni che indicano un pensiero originale: «Quando sento
parlare di immagine, penso immediatamente a certi bei limoni che poi,
al momento dell’apertura, sono completamente senza sugo». Il fatto è
che «il propagandarsi o l’essere il protagonista comunque sulla base
quotidiana dei mezzi di comunicazione, è un’esigenza che molti hanno
ma che è altamente inflazionistica». È per questo che più volte
Trapattoni l’ha chiesto: «Questo discorso resta circonciso tra di noi».
Oltre all’esagerazione dei media, Giovannino odia un fenomeno
tipicamente italiano come il qualunquismo, e l’ha detto spesso: «Non
compriamo uno qualunque tanto per fare del qualunquismo». Ecco un
uomo che, sebbene possa perderlo, poi non manca mai di «ritrovare il
nostro filo elettrico conduttore». Per fortuna, finora ha sempre evitato la
scossa.
Pensatore per eccesso e linguista per difetto, il Trap manifesta una
complessità d’analisi e una capacità d’adattamento all’ambiente che
sfuggiva purtroppo a un grandissimo come Nereo Rocco. Il leggendario
mister del Milan soffriva soprattutto di un’evidente allergia al francese.
Fu facile rendersene conto in occasione di una trasferta gallica dei
rossoneri, quando l’allenatore degli avversari lo salutò calorosamente:
«Bonjour Monsieur Rocco, mon ami». E lui, di rimando: «Mona a mi?
Mona [in veneto, il sesso femminile ma pure sanguinoso insulto, N.d.A.]
a ti e anca testa de gran casso!»
Non c’è da stupirsi: la scarsa dimestichezza con le lingue genera una certa