Page 64 - Papaveri e papere
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secchezza nella conversazione. O anche scatena, se si tratta di allenatori,
una vera e propria «sindrome di La Palisse». Ne era chiaramente affetto il
simpatico Vujadin Boskov, che ha condannato all’irrilevanza decine di
disperati intervistatori. Alcuni esempi della sua facondia rimandano alla
nota figura linguistica della tautologia: «Rigore è quando arbitro fischia».
«Partita dura novanta minuti y finisce quando arbitro fischia.»
«Calcio è calcio.»
«Per vincere partita bisogna fare più gol», o, se preferite, la variante:
«Vince squadra che sbaglia meno, noi sbagliato di più e perso».
C’era un solo uomo capace di trasformare Boskov in un bardo romantico:
Ruud Gullit. Ogni volta che ne parlava, l’incipit era identico: «Come cervo
che esce di brughiera…»
Gullit, dal canto suo, era parecchio più prosaico. Notevole la sua
interpretazione dell’adagio italiano «se mia nonna avesse…» Il geniale
(coi piedi lo era davvero) Ruud adattò, perdonate il giochino di parole,
rudemente: «Quando mia nonna aveva il pisello era mio nonno».
Ah, la lingua, la lingua… E non c’è bisogno di essere stranieri per
manovrarla con qualche difficoltà. Come non comprendere l’angoscia di
Pippo Marchioro, che nel ricordo annaspa: «Quando fui estromesso
esprisi… espretti… esprimetti la mia perplessità». E fu ancora lui a notare
che un suo giocatore era «chiaramente claudicante a un labbro».
Ma il guaio vero oggi, per gli allenatori, non è tanto che debbano parlare
con gli inviati dei giornali sportivi. L’inferno è nato con la televisione, e
l’abisso di fuoco si è allargato con l’arrivo di Internet: le interviste
finiscono registrate sul videotape e le più irresistibili sono immediatamente
rilanciate sulla Rete. Un tempo, il gentleman Marcello Lippi avrebbe preso
da parte il responsabile di un’inesattezza e gli avrebbe detto: «Hai scritto
una cazzata, una cazzata grande non come una casa ma come un
grattacielo!» Ed è proprio così che gli ha detto. Ma in presenza di camere e
microfoni, che hanno registrato e trasmesso tutto.
Così è andata anche per il solitamente taciturno Carlo Ancelotti, che spera
con la sua squadra «di esserci evolti» (forse evoluti?). Il grande Arrigo
Sacchi si lamenta di «un avversario molto ostico e anche agnostico». E
perfino quell’autentico signore del pallone di nome Nils Liedholm
esprimeva l’opinione tattica che «è sempre meglio venire da dietro».
Ma diciamo la verità: quante volte lo strafalcione è provocato da un