Page 67 - Papaveri e papere
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piena di stroncature incrociate, generate da rancori incomprensibili,
ripicche meschine, ma anche antipatie istintive e insuperabili. Grazie al
cielo, queste pericolose esternazioni sembrano miracolosamente riuscire
a neutralizzarsi l’un l’altra, conservandoci i capolavori che ognuno
pretendeva di annichilire.
Anche nella storia della cultura, del resto, conta ovviamente la moda. John
Ruskin, massimo esteta ottocentesco, ha il grande merito di aver ridato a
Venezia il suo posto nel canone artistico occidentale, così come ai talenti
(all’epoca misconosciuti) dell’età prerinascimentale. Ma è abbastanza
evidente che dal Rinascimento in giù non capisce un’acca della grandezza
dell’arte italiana. Dai Carracci in avanti, secondo lui, è tutto solo «un
degrado… un diluvio di follia e di ipocrisia».
Ruskin non è il tipo che si faccia segnare dallo spirito del tempo, anzi
semmai è lui che contribuisce a formarlo. Ma in altri casi ipocrisie e
convenzioni da benpensante sviano il giudizio di chi meno vi
aspettereste. La Venere di Tiziano, che oggi consideriamo un capolavoro
assoluto, disgustava — letteralmente – perfino Mark Twain, che in un
suo resoconto di viaggio del 1880 la descrive come «il peggiore, il più
vile, il più osceno quadro che il mondo possegga». Tanta indignazione
pare scatenata «dall’attitudine di un braccio e della mano» di Venere,
che ne farebbero secondo Twain un dipinto «per un bordello, e
probabilmente è stata rifiutata perché un pochino troppo forte». Parole
di un signore che non trovava disdicevole lavorare part-time come
scrittore pornografico.
Restiamo ancora per qualche momento dinanzi alle tele. Quelle firmate
dai grandi impressionisti, che oggi Christie’s e Sotheby’s vendono per
decine di milioni di euro, suscitarono al loro apparire le più radicali
stroncature che establishment culturale abbia mai riservato alle
innovazioni. Per il celebrato Dante Gabriel Rossetti, capofila dei
preraffaelliti inglesi, «la nuova scuola francese è semplicemente
putrescenza e decomposizione». A sua volta l’autorevole La Chronique
des Arts et de la Curiositi ricorre a un argomento che sarà poi
costantemente ripreso contro le avanguardie pittoriche: «Quando i
bambini si divertono con una scatola di colori e un pezzo di carta, sanno
fare di meglio». Il critico Louis Etienne stronca il fantastico Déjeuner
sur l’herbe di Edouard Manet come «lo scherzo di un giovane, una
vergognosa ferita aperta che non è degna di essere esibita».
Curiosamente, Manet non si mostrerà più disponibile quando toccherà a lui