Page 54 - Papaveri e papere
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si gettò in lacrime tra le braccia di Harrison che le consegnava l’Oscar.
            Più tardi però, dietro le quinte, lei si rese conto che sulla statuetta non

            era inciso il suo nome e gli chiese come mai. «Non immaginavano che
            avresti vinto», le rispose sadicamente l’attore. «Ma non ti preoccupare,
            te la riprenderanno, ci stamperanno sopra ‘Julie Christie’ e finalmente

            potrai esporla sul caminetto.» Lei, stavolta, pianse sul serio.

            Il  cinema  ha  nutrito  così  tanta  parte  dell’immaginario  planetario
            nell’ultimo secolo che è difficile accettare la ridotta misura quotidiana
            di molti  miti della nostra vita. Marilyn Monroe, per esempio, il nome

            che incarna per sempre l’idea più conturbante della femminilità, il sex
            appeal distillato in un essere umano… Marilyn, che per girare una scena
            di una sola battuta nel celeberrimo A qualcuno piace caldo, del 1959, fu

            costretta a ripeterla ben quarantasette volte! (e ancora lontano dal record
            di  ottantadue  volte  di  una  precedente  pellicola).  Eppure,  non  doveva
            fare  altro  che  entrare  in  una  stanza,  camminare  sino  a  una  credenza,
            frugare  nei  cassetti  e  chiedere:  «Dov’è  il  bourbon?»  Be’,  scordò  la

            battuta per quarantacinque volte, e alla quarantaseiesima — ha ricordato
            il regista Billy Wilder — «le dissi di scriversi la domanda su un pezzo
            di  carta  e  lasciarla  nel  cassetto  che  avrebbe  dovuto  aprire.

            Sfortunatamente, lei andò al mobile sbagliato».

            Una che non avrebbe certo scordato la parte è Kathleen Turner ma – duole
            dirlo – non è mai stata Marilyn, anche se ne era convinta. E non al cinema,
            ma  nella  vita.  A  quanto  sembra,  un  vero  maschio  con  lei  non  aveva

            scampo: «Quando sono davvero ‘calda’, posso entrare in una stanza e se
            un uomo non mi guarda, probabilmente è gay». L’ha detto sul serio, ma
            sarebbe stata una battuta magnifica per il film di Wilder.

            Una  certa  distrazione,  prodromo  immediato  del  passo  falso,  è  del  resto

            comunemente  accettata  nei  temperamenti  artistici,  quale  che  sia  la  loro
            modalità  d’espressione.  Di  sicuro,  Sir  John  Gielgud  non  ha  mai
            dimenticato una sola riga delle sue innumerevoli parti. Autentico sovrano
            delle  scene  inglesi,  era  un  mostro  di  bravura  che  dominava  ogni  sillaba

            delle grandi tragedie shakespeariane. Ma anche lui, a quanto pare, affetto
            da  improvvise  e  incurabili  amnesie  sui  dettagli  della  vita  quotidiana,  e
            dunque per fortuna lontano dal palco.

            Una volta era a cena con un commediografo quando riconobbe un tale tra

            gli  altri  clienti.  «Hai  visto  quel  tizio  appena  entrato?»  chiese  al  suo
            commensale. «E la persona più noiosa di Londra, secondo solo a Edward
            Knoblock.» In quel preciso momento si ricordò che Edward Knoblock era
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