Page 50 - Papaveri e papere
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tagliare la sciocchezza. «Anche a Monica Vitti, per colpa di un giornale
            francese, era accaduta una cosa simile», si giustifica. «Il mio sbaglio gli

            allungherà la vita. E poi è successo anche a me: fu il manifesto a farmi
            morire l’anno scorso a Sanremo.»

            Mi accorgo che in questo mio repertorio dei gaffeur dello showbiz non
            ho finora rispettato le quote rosa. Ebbene, non vorrei si pensasse che le

            signore        siano       immuni         dalle      figuracce,        dentro       e     fuori
            dall’elettrodomestico magico. Posto d’onore, qui, ad Alba Parietti prima
            maniera,  quando  sul  celebre  sgabello  di  Telemontecarlo  affascinava

            mezza Italia — quella maschile – con la gonna a mezz’asta sulle gambe
            tornite e lunghissime. «Mi ha tolto la palla di bocca», si lamentò con un
            ospite, mentre in un’altra puntata annunciò che «ora vi proponiamo un

            summit. Sì, un sommario, non è la stessa cosa?»
            Ma  certo,  peccati  veniali  per  un’esordiente  ancora  lontana  dal  diventare

            amica di filosofi e «coscia lunga della sinistra». E quanto a peccati, si può
            essere ragionevolmente certi che anche la collega Maria Teresa Ruta non
            avesse in mente niente di lascivo quando dichiarò: «Avevo due figurine di

            Riva,  e  grazie  a  loro  mi  sono  fatta  tutta  la  Juve».  Niente  in  confronto
            all’incontenibile passione per il calcio nutrita da Antonella Clerici, che la
            dichiarò  in  un  indimenticato  programma  sportivo:  «Io  non  posso  vivere

            senza il cazzo!» Oops! Stai a vedere che Freud avesse qualche ragione?

            Un’altra  esperta  di  pallone  come  Luisa  Corna  ha  lasciato  invece  a
            Trieste  un  ricordo  incancellabile  nella  sua  vera  professione,  quella  di
            showgirl.  Invitata  a  far  da  madrina  alla  presentazione  ufficiale  della

            nave  Carnival  Conquest,  fa  presto  rimpiangere  alla  Fincantieri  il
            sontuoso cachet (allora, nel 2002, ancora in decine di milioni di lire).
            Arriva tardi sulla nave, si presenta vestita di nero (sebbene con spacchi

            amplissimi…)  –  orrore  al  battesimo  di  un  vascello  —,  chiama
            «charimar» il chairman (presidente) della società Carnival, scambia la
            bandiera  italiana  con  quella  di  Panama  e  infine  annuncia  che  la
            colazione si terrà nella sala «Degast», ignara che il celebre pittore a cui

            è intitolata si chiama invece Degas. Insomma, una catastrofe.

            L’ignoranza  di  Sabrina  Ferilli  copre  piuttosto  i  contemporanei,
            soprattutto se attori. Alla Festa romana del Cinema, nel 2006, il simbolo
            della  femminilità  italiana  è  chiamata  a  consegnare  il  Premio  Marco

            Aurelio al Miglior Attore Maschile: vincitore Giorgio Colangeli,  per il
            suo ruolo nel film L’aria salata. La Ferilli gli porge il riconoscimento e
            simpaticamente commenta: «Questo è per lei, anche se non la conosco!»
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