Page 43 - Papaveri e papere
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generale Dyer».
Cioè, proprio l’autore della strage. Agli indiani non restò che portarlo a
pranzo.
SOS:
affonda, il buon senso
nel tubo catatonico
Temo che non ci sia conduttore televisivo che almeno una volta in vita
sua non abbia invocato «il bello della diretta» per giustificare lo
strafalcione o la gaffe appena andati in onda. Qualche coraggioso ha
avuto l’onestà di rovesciare questo giudizio estetico di evidente
autoindulgenza. Marco Mazzocchi, diabolico pizzetto di Rai-Sport, ha
così raccontato le sue Olimpiadi di Sydney, nel 2000: «Prima di ogni
collegamento dovevo sistemare il microfono e, per far passare il filo
dietro la schiena, era necessario aprire i pantaloni. Una volta siamo
andati in onda prima del previsto mentre io ero in mutande e
l’assistente di studio in ginocchio davanti a me. Dopo il primo,
comprensibile imbarazzo, ho esordito con un ‘Signore e signori, il
brutto della diretta’».
Ma per la verità, almeno per quel che riguarda la tv italiana, programmi
ormai storici come Blob o Striscia la notizia hanno introdotto l’agguato
del ridicolo anche nelle trasmissioni registrate. Una volta ne ho fatto le
spese anch’io, nella Striscia di Ricci: è finita in onda una cassetta con i
miei vani, ripetuti e abortiti tentativi di incidere quello che in gergo si
chiama stand-up o anche piece-to-camera, il «pezzo» del giornalista in
primo piano di fronte alla telecamera. Sono fortunatamente un tipo con
una certa facilità di parola, perciò di solito con me è «buona la prima».
Ma quella volta il diavolo ci aveva messo la coda.
Con la troupe ci eravamo piazzati su un marciapiede nel cuore di Londra,
per raccontare l’ultima puntata della saga al-Fayed contro Famiglia Reale.
Attacco il mio pistolotto, ma prima che possa concludere da un negozio
alle mie spalle esce una commessa con un gigantesco sacco della