Page 42 - Papaveri e papere
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Filippo e te minoranze etniche
Figlio di un principe cadetto della Corona greca, Filippo ha scelto il
cognome materno dei Battenberg, tedeschi anglicizzati in Mountbatten al
tempo della Prima guerra mondiale. È nato a Corfù nel 1921 e in
Inghilterra è arrivato da aristocratico spiantato, senza una sterlina in tasca,
ma forte di un’irresistibile bellezza virile e della protezione dello zio
Louis, ultimo viceré britannico dell’India. Mountbatten, pronipote della
regina Vittoria, lo ha introdotto nel circolo reale, e già a tredici anni la
futura moglie Elisabetta era innamorata cotta di lui, maggiore di cinque
anni.
Sembra che il doppio complesso, dello straniero e della povertà, non lo
abbia mai abbandonato. Spingendolo, sui due argomenti, alle peggiori
gaffe.
Agli inizi degli anni Ottanta l’Inghilterra languiva nella grande recessione.
Secco giudizio del principe:
«Prima tutti dicevano che lavoravano troppo, non avevano tempo
libero. Oggi che hanno il tempo di divertirsi, si lamentano perché sono
disoccupati. La gente non sa mai quello che vuole».
Un florilegio di battute sui forestieri fa invece di lui il più immaginifico
xenofobo inconsapevole: Cina, 1986, a un gruppo di studenti inglesi
incontrati a Pechino:
«Se state qui ancora un po’, vi verranno gli occhi a mandorla».
Kenya, 1984, a una donna che gli offriva un omaggio:
«Ma lei è una donna, vero?»
Isole Cayman, 1994:
«Ma siete tutti discendenti dei pirati?»
Edimburgo, 1999, in una fabbrica gestita da indiani, riferendosi a un
vecchio impianto elettrico:
«Sembra che sia stato messo lì da un indiano».
E infine la peggiore, ad Amritsar (India), dove nel 1919 l’esercito
britannico massacrò trecentosettantanove persone inermi. Davanti alla
lapide posta sulla terra «inzuppata del sangue di duemila patrioti»,
Elisabetta china compunta il capo, mentre lui contesta le cifre:
«Non è vero, sono molti di meno. L’ho saputo dal figlio dello stesso