Page 41 - Papaveri e papere
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passato in rassegna una vivace scolaresca, si rivolse al preside come al
direttore di un istituto correzionale: «E lei come fa a controllare questi
vandali?» Andò anche peggio allo sfortunato turista svedese che,
vedendolo passare in carrozza, lo salutò con entusiasmo: «Buon giorno,
Sir! Oggi mia figlia compie sei anni!» e indicò la piccina. «E con
questo?» lo gelò Filippo.
Nemmeno giovani vite falciate rendono Sua Altezza più sensibile, o più
riflessivo. Dopo la sparatoria nella scuola scozzese di Dunblane, dove un
pazzo armato di fucile aveva ucciso sedici bambini e la loro insegnante,
tutto il regno chiedeva a gran voce la messa al bando delle armi da fuoco.
Tutti, ma non il duca, che ama una buona carabina da caccia più di ogni
altra cosa. Tanto che intervenne nella discussione con la seguente
argomentazione: «Se un giocatore di cricket decidesse di andare in una
scuola a bastonare un sacco di gente, come potrebbe facilmente fare,
chiedereste di vietare le mazze da cricket?»
Come si vede, la caratteristica delle uscite strampalate del principe è
sempre la stessa: un apparente ossequio a una logica stringente, che però
nelle situazioni date si trasforma in uno straordinario insulto al buon senso.
Ciò non toglie che Filippo abbia anche una precisa consapevolezza dei
suoi limiti intellettuali: «Io sono uno di quegli sciocchi fannulloni che
non sono mai andati all’università», disse una volta, «e mi è costato
caro». Forse, ma direi soprattutto agli altri. Moglie compresa.
Nemmeno Elisabetta, infatti, è stata risparmiata dalla sventatezza del
consorte, sebbene nel caso più clamoroso il duca somigli
straordinariamente al fanciullo che grida: «Il re è nudo». È la famosa
storia dell’abdicazione della regina: lei ha sempre fatto capire di
considerare il suo un lavoro per la vita. «Dunque l’abbandono
un’eventualità esclusa?» chiese a Filippo, nel lontano 1999, il suo
biografo David Keay. «Questo lo dice lei!» fu la risposta, che deve aver
fatto sobbalzare Elisabetta. Tanto più che il marito specificò: «Io non
credo che giovi al l’immagine del marchio avere un ottuagenario ai
vertici. Molto meglio lasciare il timone quando si è ancora nel pieno
delle capacità che aspettare finché non cominciano a dirti che è tempo
di ritirarti, perché sei diventato davvero tremebondo».
Si sbagliava, come al solito. La moglie, ottantatré anni, non ha nessuna
intenzione di mollare il posto.