Page 30 - Papaveri e papere
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esplicito:  Duke  of  Hazard,  Duca  dell’azzardo.  Perché  davvero  solo  il
            caso sembra stabilire ciò che esce da quella bocca.

            Nell’Inghilterra multietnica di fine Novecento, pare – per dirne una — che

            proprio  Filippo  sia  stato  l’ultimo  ad  accorgersi  che  il  Paese  cambiava
            letteralmente pelle. Famoso il suo incontro di qualche anno fa con Bernie
            Grant,  celebre  e  pittoresco  deputato  di  origine  afrocaraibica  eletto  a

            Tottenham, una delle circoscrizioni più difficili di Londra. Grant era stato
            invitato  a  un  ricevimento  per  i  parlamentari  del  Commonwealth,
            l’organizzazione che riunisce gli Stati dell’ex impero coloniale britannico.

            Al  grande  party,  affollato  di  gente  d’ogni  razza  e  dai  costumi  più
            variopinti,  arriva  ovviamente  Elisabetta  II  accompagnata  dal  consorte.
            Come  di  rito  si  spostano  tra  la  folla  degli  invitati,  a  stringere  mani  e

            scambiare  qualche  parola.  Il  duca  si  ferma  davanti  al  deputato  nero
            londinese e, nel suo solito stile diretto, quasi brusco, gli chiede: «E lei chi
            è?»

            «Bernie Grant, membro del Parlamento», è la risposta orgogliosa dell’ex
            postino.

            «Di quale Paese?» lo gela Filippo.


            Per fortuna Elisabetta è sempre dietro l’angolo, pronta a rimediare. «Lei è
            Bernie Grant, vero?» dice sorridente tendendo la mano guantata all’offeso
            parlamentare.  «L’ho  vista  in  tv!»  aggiunge  complimentosa,  regalando  al
            suddito imbronciato anche l’invidiabile status di celebrità televisiva.


            Filippo di Mountbatten sembra insomma fatto apposta per dimostrare che
            almeno su un punto il vecchio Marx aveva ragione: la monarchia ereditaria
            rappresenta il trionfo della zoologia. Nel senso che ad assegnare la corona
            non è il  merito o  la capacità  ma semplicemente la  lotteria biologica dei

            cromosomi.  Col  risultato  che  sul  trono  ci  arrivano  talvolta  dei  geni,  ma
            molto più di frequente anche dei veri asini. Sia detto senza offesa: il marito
            di Elisabetta non appartiene certo alla seconda categoria. Anzi, nella sua

            apparente  sventatezza  affiora  l’intenzione,  più  o  meno  consapevole,  di
            sfidare il senso comune, il «politicamente corretto», che è diventata la sola
            religione inglese del nuovo secolo. E pazienza se la traduzione pratica di
            questa eterodossia risulta troppo spesso offensiva o insultante.


            Il fatto è che proprio l’ambiente di Corte sembra essere il terreno di coltura
            ideale  di  ogni  genere  di  gaffe  e  di  imbarazzo:  il  rapporto  tra  le  Loro
            Altezze Reali e noi comuni mortali è talmente squilibrato che ogni contatto
            ravvicinato  espone  gli  uni  e  gli  altri  al  rischio  di  scivolare
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