Page 26 - Papaveri e papere
P. 26
Orlando alla Conferenza per la pace di Versailles, nel 1919. Pretendeva
di redarguire il primo ministro francese Georges Clemenceau, a cui
disse in tono duro: «Regarde qui parie», nella migliore traduzione
maccheronica del nostro «Guarda chi parla!» Tal quale il ministro
italiano che qualche decennio dopo, all’ONU, assicurò che avrebbe
risolto il problema «in four and four eight», in quattro e quattr’otto,
espressione idiomatica purtroppo sconosciuta agli inglesi.
Niente inglese, please, siamo italiani
La gaffe non è sempre svarione: talvolta è anche forzata e imbarazzante
ammissione di ignoranza. Con l’inglese, come conferma l’esempio
appena citato, la classe politica italiana ha generalmente avuto, fino a
poco tempo fa, scarsa dimestichezza. E si capisce: proveniva in gran
parte da una formazione umanistica che da noi ha privilegiato, sino agli
anni Settanta, la conoscenza del francese. Lo parlava perfettamente, per
esempio, Bettino Craxi: che non capiva però una sillaba dell’idioma di
Shakespeare. Così una volta a New York, dovendo conversare d’urgenza
con Ted Kennedy dall’hotel Astoria, fu costretto a far sedere la giovane
interprete sul WC della sua suite, dal momento che il bagno era l’unico
ambiente con doppio attacco telefonico. Forse ammaestrati
dall’episodio, l’inglese adesso lo parlano quasi tutti, almeno quelli che
contano.
Veltroni si è formato sulle canzoni di Bob Dylan e i testi dei Kennedy,
Rutelli sui versi dei Beatles, D’Alema e Berlusconi si sono messi a
studiarlo entrambi in età avanzata ma con ottimi risultati (sebbene abbiano
sempre preferito conversare in francese con Blair, che si esprime molto
bene in questa lingua). Chi proprio rilutta, è Clemente Mastella da
Ceppaloni. Più volte ministro, ma all’estero sempre afasico. Anche in
patria, in verità, in presenza di ospiti stranieri. Si narra di un pranzo
organizzato da Francesco Cossiga in onore di Helmut Kohl, nume tutelare
di tutti i democristiani europei: invitati anche Rocco Buttiglione e
Mastella, all’epoca presidente e segretario dell’ennesimo partitino
cattolico. A tavola, tedesco fitto, parlato magnificamente tanto da Cossiga
quanto da Buttiglione. Per Mastella, scena muta, al punto da costringerlo a
metà pasto a inventarsi una scusa e filarsela. Lui confessa: «Non parlo
nessuna lingua straniera. Cioè, il francese della scuola. Ma tanto mia
moglie è mezza americana, e quando andiamo all’estero ci pensa lei».
Anche nei discorsi ufficiali? Speriamo di no. Questo è, del resto, un