Page 25 - Papaveri e papere
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spalle volle sfoggiare le proprie conoscenze con i funzionari sovietici
incontrati in ambasciata: «la galubói», dichiarò, che in effetti alla lettera
vuol dire «sono azzurro», ma nel linguaggio d’ogni giorno suona «sono
omosessuale».
Le parole, inoltre, possono coincidere foneticamente anche attraverso i
confini, ma spesso con significati molto diversi. Dopo un incidente
vicino a Pola, un turista italiano si piazzò prima della curva per
avvertire gli altri automobilisti: «Curva, curva!» si sgolava, ignaro della
circostanza che curva in croato vuol dire puttana.
È sempre imprudente in questi casi giocare a indovinare. Si prenda
l’errore madornale dello studente di lingue della veneziana Ca’ Foscari
interrogato dal professore di spagnolo: «Cosa significa calvatruenol»
Calvo come una palla da biliardo, sarebbe la giusta traduzione, ma il
giovanotto non ne ha la minima idea. Generoso, il docente,
notoriamente cornuto, cerca di suggerire («Non si vergogni, tutti gli
uomini possono diventarlo, lo sono anch’io»), finché lo studente
azzarda: «Becco».
Lingua traditrice, lo spagnolo. Il mio vecchio e caro amico Federico Di
Roberto, ambasciatore d’Italia in molti angoli del mondo, ancora
ricorda — tra il divertito e l’imbarazzato — la gaffe più clamorosa della
sua intera carriera. Arrivato alla Corte di Madrid, dopo aver
rappresentato per parecchi anni il nostro Paese in Perù, era certo di
poter contare su uno spagnolo ricco di sfumature e frasi idiomatiche:
come quella pronunciata una sera durante un pranzo in eletta
compagnia, attorniato dal fior fiore di duchesse e principesse iberiche.
«Sacamos la polla», dichiarò Federico sorridendo allegro, per
accorgersi che all’istante tutt’attorno a lui si stendeva un graffiante
strato di ghiaccio. Era convinto di aver detto, secondo l’uso peruviano,
«Scommettiamo!» Purtroppo a Madrid sacar la polla vuol dire (chiedo
scusa…) «tirar fuori l’uccello». Comprensibile il gelo delle compassate
nobildonne. Sullo stesso piano maledettamente inclinato l’ambasciatrice
italiana che a un ministro finlandese disse di conoscere benissimo il
Kamasutra, anziché il Kale- vala, massimo poema finnico.
Le disavventure dei diplomatici ci riportano verso i piani alti della
storia. E se tutti noi siamo ben disposti a perdonare lo studente sventato
o il linguista facilone, non si troverà nessuno così generoso da sorvolare
sugli strafalcioni di chi la storia dovrebbe scriverla. Consegnata agli
annali della vergogna la frase del nostro mini stro Vittorio Emanuele