Page 27 - Papaveri e papere
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altro terreno assai scivoloso, come dimostrato da George W. Bush.  In
            verità  su  questo  fronte  i  politici  di  ambiente  anglosassone  si  trovano

            molto  più  esposti,  giacché  nella  loro  cultura  il  senso  di  proprietà  nel
            linguaggio  ufficiale  differisce  parecchio  dalla  nostra.  Allocuzioni
            generalmente fluviali, seriose e involute, quelle dai rostri di casa nostra.

            Al di là della Manica e oltre Atlantico, invece, si parla assai meno ma
            con molta più verve. Il punch, la frecciata ironica, soprattutto a inizio di
            discorso, è un artificio retorico così usuale da giu stificare la storiella

            che si racconta sulla visita di un ambasciatore giapponese in un college
            di Oxford: «So che da voi è d’obbligo cominciare un intervento con una
            battuta.  Ebbene,  la  mia  battuta  è  che  non  ne  ho  nemmeno  una».
            Ovviamente, educate risate e applausi per il diplomatico che a suo modo

            si era fatto gioco di una convenzione.

            Ma un politico di successo non se la può cavare così a buon mercato. E
            non tutti sono bravi come Ronald Reagan, gaffeur torrenziale, è vero,
            ma anche autore a raffica di battute da copyright. «Come si definisce un

            comunista?  Beh,  è  qualcuno  che  legge  Marx  e  Lenin.  E  come  si
            definisce  un  anticomunista?  E  qualcuno  che  capisce  Marx  e  Lenin.»
            Ancora sul tema, s’inventò — o gli fecero recitare – un paio di trovate

            fulminanti: «Dicono che ci siano due posti dove il comunismo funziona:
            in  cielo,  dove  non  ne  hanno  bisogno,  e  all’inferno,  dove  ce  l’hanno
            già»;  quanto  invece  alla  differenza  tra  democrazia  e  democrazia
            popolare  (come  usavano  autodefinirsi  i  satelliti  sovietici  dell’Europa

            orientale),  «è  la  stessa  differenza  che  passa  tra  una  camicia  e  una
            camicia di forza».

            Bravi, sicuro, i ghost-writers, ma certo pure lui stradotato, prontissimo
            nella reazione. Era ancora soltanto un attore di serie B quando decise di

            correre per il governo della California, nel 1966, e al giornalista che gli
            chiedeva  che  razza  di  governatore  sarebbe  stato,  rispose:  «Non  lo  so.
            Non  ho  mai  recitato  da  governatore».  Ma  la  stilettata  migliore  resta

            quella con cui si liberò, nel dibattito televisivo del 1984, del candidato
            democratico  Walter  Mondale,  molto  più  giovane  di  lui.  L’argomento
            sembra  va  giocare  pesantemente  contro  il  presidente  in  carica,  ormai
            quasi settantaquattrenne, uno sproposito per gli standard americani. Un

            giornalista  cercò  di  tendergli  il  tranello:  «Mr  President,  che  ne  pensa
            della  questione  anagrafica?»  E  lui,  con  un  sorrisetto  malizioso:
            «Sarebbe di cattivo gusto fare della giovane età e dell’inesperienza del

            mio imberbe avversario un’arma politica contro di lui». L’America rise
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