Page 23 - Papaveri e papere
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una. Non a caso la parola nasce in Francia e in una certa epoca, quando la
borghesia — nella sua versione gallica o in quella anglovittoriana –
impone la sua rassicurante idea di rispetto e civilizzazione. Preoccupazione
– la misura verso l’altro – che non aveva mai sfiorato l’arroganza castale
dell’aristocrazia guerriera e latifondista, e ai giorni nostri pare non toccare
i «nuovi barbari» usciti dalle nostre scuole con poca istruzione e meno
educazione. E infatti né per l’una né per gli altri esiste il concetto di gaffe.
Appurato che l’infrazione ha a che fare in un modo o nell’altro con il
galateo (cinquecentesca invenzione italiana), chi è allora il gaffeur? Un
maleducato, un bugiardo, un ipocrita smascherato da un’inconsapevole
schiettezza? Come vedete, ce n’è abbastanza perché se ne occupassero
psichiatri e psicoanalisti, a cominciare dal fondatore medesimo della
teoria dell’inconscio. Di gaffe, Sigmund Freud si è occupato, sia pure en
passant, nella sua arcinota Psicopatologia della vita quotidiana. Ma a
noi qui interessa solo per la definizione che ne dà come «atto mancato»,
«azioni sintomatiche», sbadataggini ed errori. Un «atto mancato», per il
grande viennese, designa in modo specifico una condotta che si è soliti
compiere con successo e che invece manca il risultato, per disattenzione
o per caso. Ma la gaffe in quanto anche «azione sintomatica» svela al
tempo stesso, come un lampo subitaneo e inaspettato, un contenuto
aggressivo, sprezzante, derisorio, che si voleva tenere nascosto e invece
si palesa proprio in virtù di un’improvvisa frattura nell’attenzione,
nell’autocontrollo.
Per farla breve: la gaffe di un potente rappresenta un’imbarazzante
epifania, una manifestazione evidente dei suoi problemi di
identificazione o perfino dei suoi disturbi emotivi. Lo scivolone svela,
come dicono gli studiosi del ramo, la costruzione di un «falso Sé»: e
dove ne trovate uno più falso che nell’autorappresentazione quotidiana
del potere, in tutte le sue versioni? È per questo che il gaffeur cronico
prospera in questa sfera, abitata da persone costrette spesso a esibire
una sicurezza esteriore a cui non corrispondono però identità stabili e
originali.
Il risultato è la quantità incredibile di svarioni, di sciocchezze, di
sventatissime «voci dal sen fuggite» che le figure leader del pianeta
riescono ad accumulare. Per noi comuni mortali, indotti o costretti a
seguirne le evoluzioni, ad ammirarne le presunte abilità, il catalogo dei
loro «detti e contraddetti» ha un autentico valore liberatorio. Evviva le
figure barbine, i fugaci rossori da imbarazzo, le smentite e correzioni