Page 28 - Papaveri e papere
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e lo rielesse. Pazienza che al pranzo di gala offerto alla Casa Bianca per
            la  visita  dei  principi  di  Galles  abbia  espresso  «grande  felicità  per  la

            presenza della… ehm, Principessa David… Principessa Diane [sic], al
            suo primo viaggio negli Stati Uniti».


                               Mission impossible: dire una cosa sensata…

            Non  sarebbe  giusto  tuttavia,  l’ho  già  detto,  ridere  esclusivamente  dei
            politici. Non sono certo soltanto loro i potenti di oggi. È per questo che

            nelle prossime pagine non troverete solo sovrani e presidenti, onorevoli e
            demagoghi,  pontefici  e  cardinali,  fondatori  di  nazioni  o  Tamerlani  che
            radono al suolo interi Paesi.

            Nel nostro mondo che celebra il virtuosismo podatorio di un calciatore
            come le gesta di un novello Orlando, i cosiddetti «ricchi e famosi» sono

            ormai  categoria  composita.  E  nessuno  si  limita  a  fare  ciò  che  sa,  o  a
            parlare  di  quel  che  conosce.  Tom  Cruise,  aderente  della  setta
            pseudoreligiosa di Scientology, si avventura in quella che dovrebbe pur

            apparirgli  una  mission  impossible:  dare  un  giudizio  sulla  psichiatria.
            «Non funziona», sentenzia. «Studiare i suoi effetti è un crimine contro
            l’umanità.» Anche  la  collega  hollywoodiana  Demi  Moore  aggiunge  la

            sua  pillola  di  saggezza.  Lei  ha  fatto  sapere  di  affidarsi  «al  potere
            purificante  delle  sanguisughe»,  manco  il  sangue  fosse  una  tossina  da
            eliminare.

            Perle  di  cultura  affiorano  sulle  labbra  dell’ex  campione  di  sci  Alberto

            Tomba, l’unico carabiniere che si è fatto espellere dall’Arma per abuso di
            sirena:  «Il  cinque-  centenario  colombiano  è  una  delle  cose  che  capitano
            solo qualche volta all’anno…»

            Ad  accomunare  questa  serie  di  stupidate  è  l’attrazione  irresistibile
            esercitata sulle masse televisive. E di fronte a esse perfino gli inciampi

            nella lingua tornano utili alla costruzione di personaggi che trasformano
            in talento la loro mediocrità. E la ben nota tesi esposta da Umberto Eco
            nella sua Fenomenologia di Mike Bongiorno, feroce ritratto di divo tv

            che  rifulge  grazie  anche,  o  forse  soprattutto,  all’insopprimibile
            propensione  alle  gaffe.  Naturalmente  il  vero  Bongiorno,  come  hanno
            dimostrato  gli  ironici  exploit  dell’età  matura,  è  tutt’altra  cosa  dal  suo

            alter  ego  televisivo:  ma  lì,  sullo  schermo,  le  papere  di  Mike
            confermavano  in  modo  esemplare  la  natura  autentica  della  gaffe,  che
            nasce  sempre  —  come  osserva  Eco  —  «da  un  atto  di  sincerità  non
            mascherata;  quando  la  sincerità  è  voluta  non  si  ha  gaffe  ma  sfida  e
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