Page 97 - Riflessologia della memoria
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“Vedo di nuovo la distesa innevata, ma questa volta il villaggio è molto più vicino e ho la

      sensazione che in una delle case ci sia una famiglia che mi può aiutare. In pratica, avverto
      una di queste abitazioni come un rifugio da raggiungere per poter essere soccorso. Sono
      avvolto in un lungo cappotto scuro, di panno pesante. D'improvviso crollo a terra con il
      volto che affonda nella neve. Subito dopo la caduta, vedo una luce rossa che mi avvolge”.


        Paolo racconta di essersi svegliato con il respiro affannoso, perché si sentiva soffocare.


        “In più sentivo un gran freddo, anche se la temperatura in casa era normale. Sembravo
      febbricitante,  tanto  che  mi  sono  misurato  la  febbre,  ma  la  temperatura  corporea  era
      regolare. Nell'arco di pochi minuti, dieci, forse quindici al massimo, sono svanite tutte le
      sensazioni, sia l'affanno, sia il gelo”.



        A  questo  punto  Paolo  capisce  che  dovrà  impegnarsi  per  ricostruire  il  proprio  albero
      genealogico e cercare di individuare l'identità del soggetto che gli ha trasmesso la memoria
      degli episodi sognati. Dopo aver tormentato la famiglia con una lunga serie di interrogatori,
      scopre che il fratello del nonno paterno è stato dichiarato disperso durante la campagna di
      Russia nel corso dell'ultima Guerra mondiale.
         Questo  prozio,  ovviamente  mai  conosciuto,  nato  nel  1906  è  caduto,  presumibilmente,

      nell'inverno  del  1941,  quindi  nel  suo  trentaseiesimo  anno  di  vita  (ecco  trovato  l'anno
      risonante).  Ma  le  scoperte  non  finiscono  qui.  Il  nonno  di  Paolo,  fratello  del  defunto,  ha
      venticinque  anni  quando  viene  informato  dell'accaduto:  troviamo,  quindi,  anche  la  precisa
      rispondenza (nel ventiseiesimo anno) della comparsa del segnale in Paolo (che, ricordiamo, è
      accompagnato da profonda tristezza). All'inizio del 1942 vedeva la luce il padre di Paolo,
      quasi a incarnare il vecchio detto “una morte per una vita”.
         Un ultimo particolare, tutt'altro che trascurabile, è che il prozio caduto in guerra si chiamava

      Paolo.  C'è  una  perfetta  quanto  sconcertante  omonimia  tra  il  defunto  e  l'erede  sofferente!  A
      seguito di questa scoperta, Paolo ha cercato di dare pace alla dolorosa memoria che abitava in
      lui. Simbolicamente ha dato sepoltura all'omonimo prozio e da allora il fastidioso male alla
      spalla si è ripresentato soltanto una volta nel corso della settimana seguente, senza però essere
      accompagnato dalla cefalea. A distanza di oltre un anno, Paolo non è più stato soggetto ai
      malesseri che lo affliggevano prima.
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