Page 118 - Riflessologia della memoria
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Un karma impersonale
Calligaris sosteneva che i nostri morti abitano in noi. Lo stesso Jung avvertì su di sé
l'influenza di questioni lasciate irrisolte dai suoi antenati e si chiese se per caso non fosse
possibile individuare un karma “impersonale” che attraversa una famiglia di generazione in
generazione. Nella sua atipica biografia, Jung racconta di quando stava costruendo la sua
residenza a Bollingen, in Svizzera, e dice:
“Mentre lavoravo a scolpire le lastre di pietra, mi resi conto dei legami fatali che mi
univano ai miei antenati. Ho la netta sensazione di essere sotto l'influenza di cose o
problemi che furono lasciati incompiuti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, e
anche dai miei più lontani antenati. Spesso sembra che vi sia in una famiglia un karma
impersonale che passa dai genitori ai figli. Mi è sempre sembrato di dover rispondere a
problemi che il destino aveva posto ai miei antenati, e che non avevano ancora avuto
risposta; o di dover portare a compimento, o anche soltanto continuare, cose che le età
precedenti avevano lasciato incompiute.
È difficile stabilire se questi problemi siano di natura personale o generale, collettiva. Io
propendo per la seconda alternativa. Un problema collettivo, fino a che non è riconosciuto
come tale, si presenta sempre come un problema personale, e in certi casi può dare
l'impressione errata che qualcosa non sia in ordine nel dominio della psiche personale.
Effettivamente la sfera personale ne è disturbata, ma disturbi del genere non devono
necessariamente essere primari, possono benissimo essere secondari, conseguenza di un
mutamento intollerabile nell'atmosfera sociale. La causa del disturbo è perciò in tali casi
da cercarsi piuttosto nella situazione collettiva che non nell'ambiente personale. La
psicoterapia non ha finora tenuto conto di questa circostanza”.
Non soltanto, Jung accenna alla possibilità che i morti rimangano “attaccati” ai vivi per
portare avanti quello che non sono riusciti a completare in vita. Egli ipotizza che, se esiste una
vita cosciente dopo la morte, questa dovrebbe svolgersi a un livello di coscienza non inferiore
a quello raggiunto dall'umanità. Considerando che vi sono uomini che, al momento della loro
morte, sono rimasti indietro rispetto alle loro possibilità e rispetto alla conoscenza degli altri
esseri umani, si potrebbe pensare che tali esseri rimangano in qualche modo connessi alla vita
terrena per cercare di colmare il loro vuoto. Scrive ancora Jung:
“Il livello di coscienza già raggiunto, non importa dove, costituisce, secondo me, il limite
estremo della conoscenza che i morti possono raggiungere. Questo è probabilmente il
motivo per cui la vita terrena ha un così grande significato, ed è così importante che cosa
un uomo “porta con sé” al momento della morte”.
Ci troviamo di fronte a considerazioni che non si avvalgono di prove inconfutabili sul piano
concreto e dobbiamo affidarci, come spesso accade nel regno dell'ultrasensibile, a intuizioni,
sensazioni, speranze, miti, sogni. È infatti soltanto nel campo dell'inconscio che si rintracciano
segnali di questo tipo: visioni, percezioni soprasensibili, previsioni. Proviamo, allora, a