Page 114 - Meditazione sui colori
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LEZIONE VII
1. L’INDACO
L’indaco è un colore misterioso: non è un primario e neppure un secondario, in quanto non
nasce dal contatto equilibrato di due primari, ma dall’unione, con varie gradazioni, di un
primario (il blu) con un secondario (il viola, che si ottiene mescolando il rosso e il blu in parti
uguali), cioè in pratica è prodotto da una quantità maggiore di blu rispetto al rosso. È perciò
definibile come colore “terziario”.
Ma ciò che colpisce nella lettura verticale dei colori, secondo lo schema dei chakra, è il
significato di questa “anomalia”: salendo dal rosso fino al blu abbiamo sempre riscontrato
l’alternarsi di colori primari e secondari e, in una prospettiva circolare dei colori come in un
fluire ininterrotto in energie all’interno di un circuito chiuso, non ci stupisce nemmeno che il
blu “in cima” si trovi a contatto con il rosso; il fatto particolare è che quest’ultimo passaggio
da un colore all’altro segue una logica diversa, quasi per un indugio evolutivo o un salto
qualitativo, in cui il blu si fa più intenso prima di trasformarsi in viola.
Si coglie qui una misteriosa ambivalenza: c’è l’azzurro, che è Spirito, grazia divina,
leggerezza, immensità, che libera la coscienza dai limiti spazio-temporali, ma c’è anche il
nero, che è pesantezza, opacità, passività, e infine il viola, come bagliore di trascendenza.
Ambivalenza che si riscontra anche nei suoi rapporti di complementarità, che lo collegano
sia alla materialità e sessualità dell’arancione e del rosso chiaro sia all’altissima spiritualità
del bianco.
È infatti il colore della trasformazione della coscienza, della depurazione, di quella
particolare trasmutazione espressa nel motto alchemico: «Coagulare il sottile e sciogliere lo
spesso». Cioè questo colore elettrico, di tonalità blu scuro, rappresenta quella delicata e
cruciale fase evolutiva in cui la presenza dello Spirito diventa tangibile («coagulare il
sottile»), mentre ogni certezza razionale, ogni logica umana, ogni sistema di pensiero che pure
è giunto fino a quel punto, deve disgregarsi, dissolversi, per lasciare spazio al divino
(«sciogliere lo spesso»), rispetto al quale la speculazione più elevata è ancora “materia
grossolana”, l’ultimo lembo dell’io.
Significativamente è associato alla notte profonda, simbolo di fiducia cieca, la «notte
oscura» dei mistici, in cui l’anima, spogliata da ogni certezza e purificata, e tuttavia «sicura»,
esce «per la segreta scala», mentre «la sua casa» (cioè il corpo e la pesantezza della mente)
«giace addormentata», come è detto nei versi di S. Giovanni della Croce (La salita del Monte
Carmelo), che esclama: «Notte che mi hai guidato! / O notte amabile più dei primi albori! / O
notte che hai congiunto / l’Amato con l’amata, / l’amata nell’Amato trasformata!» (strofa 5).
Dal punto di vista psicanalitico la notte è simbolo dell’inconscio, che si esprime nei sogni,
canali attraverso cui affiorano e si liberano le pulsioni represse e recondite, ma anche le