Page 88 - La coppia intrappolata
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   3        mia autonomia ha un confine labile con quello che pensano gli altri di me”. “Ho ca-
            pito che ho paura di vivere perché non so da dove iniziare. Mi sono sempre mosso quan-
            do c’era qualcuno a guidarmi e mi diceva cosa fare e cosa non fare, e quando realiz-
            zavo quello che si aspettavano da me mi applaudivano”.
               C’è anche un altro aspetto che va sottolineato. Nel momento in cui un individuo
            prova a essere determinato e quindi prova a uscire da quella nicchia di pseudoprote-
            zione che si era illusoriamente costruito, comincia a provare una paura tremenda che
            gli psicoanalisti definiscono “paura di castrazione”. Non c’è una castrazione intesa
            in senso sessuale, ovviamente, il termine è inteso in maniera molto più ampia e più
            profonda, riguarda l’energia vitale. Ovviamente non si è consci di tutto questo, non
            si ha una consapevolezza di tutto ciò che si avverte in riferimento alla paura, quello
            che si avverte è soltanto un’apatia, una pigrizia, una non disponibilità, come se non
            ci fosse la necessaria voglia. A un livello diverso, molto più evoluto e avanzato, la
            paura coincide con una paura più profonda, quella di perdere la propria identità, co-
            me se la “libertà” fosse barattata con il nostro senso d’identità, la nostra individua-
            lità, il nostro nucleo più profondo.
               La paura prende l’onere di proteggerci e diventa un ostacolo duro al lavoro che
            l’individuo fa su di sé, ecco perché la paura blocca la volontà. È per questo motivo
            che tanti succubi nel momento in cui si distaccano dal dominante dopo qualche
            giorno avvertono stanchezza, sensazione di sentirsi svuotati, apatici, privi di ener-
            gia, stanchi.
               Ad alimentare la paura contribuisce anche il braccio di ferro che s’instaura con
            lei, e lo facciamo tutte le volte che vogliamo controllarla e dominarla, in questo mo-
            do paradossalmente la stiamo alimentando sempre più, le diamo energia per esiste-
            re e condizionarci. Solo la consapevolezza ci libera dalla paura.
               Con una psicoterapia esaminiamo gli esatti termini in cui pensiamo che genera-
            no la sensazione di paura, correggiamo la relativa distorsione che abbiamo introiet-
            tato e che ci ha condizionato in precedenza e riportando un pensiero più adeguato
            alla realtà questo ci permetterà di muoverci e di comportarci con una modalità mol-
            to più sana, vicino a quello che siamo realmente e autenticamente.
               Una buona psicoterapia riesce a portare a un livello cosciente tutte quelle che so-
            no le nostre paure e a ristrutturare l’individuo proprio dove necessita maggiormen-
            te rimettendolo in contatto con il proprio corpo e quindi con la propria energia vita-
            le, liberandolo.
               Anche Lowen sottolinea questo aspetto della paura come paralizzante, anzi ag-
            giunge che sono poche le persone in contatto con questa emozione così profonda, e
            che nel lavoro di psicoterapia il più delle volte la rabbia è l’antidoto della paura (Lo-
            wen, 1958; 1982).
               W. Reich sostiene che esiste un ordine gerarchico delle emozioni: piacere, desi-
            derio, rabbia, paura, dolore e queste contraddistinguono ciò che vive, e sono espres-
            sione diretta dell’organismo che reagisce, una reazione che ha un suo senso rispetto
            all’individuo e al mondo che lo circonda. Il significato che gli attribuiamo è razio-
            nale, è nel campo della psicologia, ma il movimento energetico è reale, tangibile. Il
            blocco psicosomatico, quindi, è da ricondurre a un blocco delle funzioni viventi e per-
            tanto necessita di decodifica del malessere che sottende (Lowen, 1994).
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