Page 67 - La coppia intrappolata
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2.2 Dall’analisi degli individui alla struttura dell’aggancio nevrotico 53
lato e ritirato; è una modalità di comportamento che mette in atto solo per difendersi.
Da bambino il dominante provava un’emozione di fondo che non era paura, ma
terrore causato da un’assenza di calore, sicurezza, contatto con la madre che non ha
mai percepito come protettiva bensì ostile.
Il suo modello di attaccamento, quindi, altro non poteva essere se non quello evi-
tante. Tutte le volte che il dominante da piccolo sperimentava paura non correva tra
le braccia della madre, ma si teneva a una certa distanza: né troppo distante per non
essere fagocitato dal terrore, ma neppure troppo vicino da sperimentare di essere re-
spinto. Ha imparato a convivere con la paura e a superarla concentrandosi sulle co-
se, sul gioco solitario o su un oggetto che, essendo inanimato, non avrebbe di certo
potuto rifiutarlo.
Il dominante che è cresciuto con la freddezza non si pone proprio il bisogno di
rendersi amabile per qualcuno, non svilupperà mai nessuna compiacenza, avrà un’e-
norme difficoltà a entrare in intimità con l’altro, nell’accostarsi all’altro.
Per il dominante provare amore per qualcuno equivale a dire dipendere da qual-
cuno e questa dipendenza implica per lui vulnerabilità e intimità, pericoli da cui de-
ve difendersi per difendere la sua struttura.
Nel dominante l’energia vitale, intesa come energia d’amore, è congelata. Con
il congelamento non sente più il dolore da cui è terrorizzato, anche se il prezzo da
pagare è che non sente neppure più il piacere, né tanto meno amore autentico.
Se il dominante si innamora, provando delle emozioni, in qualche modo permet-
te all’energia vitale di scorrere di nuovo, ma viene assalito da una paura incredibile
che lo porta ad allontanarsi e a respingere l’altra persona perché è terrorizzato dal pro-
vare dolore. Il suo dilemma si può tradurre in questo modo: “resto nel mio guscio pro-
tetto, anche se è senza vita, o entro nella vita e mi lascio andare esponendomi a pro-
vare dei sentimenti?”. Nel dilemma resta invaso dal terrore e rimane statico.
Il dominante in questo modo si aggancia all’altro che gli è diventato indispensa-
bile come l’aria da cui trae ossigeno emotivo, ma nel contempo lo vuole annullare,
distruggere, perché il succube è per lui una minaccia proprio perché ne è attratto e
sa che non ne può fare a meno. Non può permettersi di provare il dolore che il suc-
cube potrebbe causargli, così come da piccolo aveva paura di avvicinarsi troppo al-
la madre. In questo modo per lui comincia tutta una spirale di collaudo. Il dominan-
te cerca di mettere alla prova il succube per vedere fino a che punto può spingersi e
fino a che punto può fidarsi del suo amore. Per questo motivo il dominante critica,
disapprova, e crea momenti di forte tensione che risultano al succube inaspettati e
apparentemente incomprensibili.
Il dominante non sopporta l’autonomia e l’indipendenza del succube anche se ne
era stato attratto all’inizio, le vive come fuga da lui, come un tradimento.
Il dominante cerca di fagocitare la vita del succube, poiché sente di essere carente
di “sostanza” e sente soprattutto di essere vuoto, prova a riempire il suo vuoto impos-
sessandosi della pienezza del succube. Si innesta al succube come una sanguisuga.
Del resto, non essendo capace di portare avanti una relazione affettiva vera, può
solo portare avanti un “protocollo” di cattiveria distruttiva nei confronti dell’altro. Il
dominante prova così piacere estremo, vitale, di fronte alla sofferenza dell’altro, pren-
de gusto a umiliarlo, ad asservirlo a sé.