Page 54 - La coppia intrappolata
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   2           tutti i modi di soffocarle per impadronirsene.
               Nel corso della sua crescita Pierpaolo aveva in un certo senso fondato il suo modo di essere nel
               mondo mantenendo bassa la propria autostima. Solo durante il corso della psicoterapia era riuscito
               a rendersene conto e a poter entrare di più in contatto con se stesso cogliendo tutta la pienezza di
               cui era portatore. Per la prima volta cominciava ad avvertire degli impulsi verso la vita stessa, per la
               prima volta cominciava a capire quale fosse il significato delle “potenzialità di cui disponeva”.
               Un concetto che sentiva spesso ripetere nel corso dei colloqui clinici era la ricerca per capire la sua
               propria natura, a comprenderla e a farsi guidare da essa, ma non ne aveva colto prima di allora il
               significato perché era troppo distante e lontano dal concetto di “cominciare a prendersi cura di se
               stesso”. Prima non era in grado di pretendere e di non avere paura di prendersi dal mondo che lo cir-
               condava ciò di cui aveva veramente bisogno.

                 “…Solo ora mi rendo conto che il pazzo era Umberto e non io come abilmente mi ha sempre fatto
                 credere. Solo ora, esaminando con questa lettura terapeutica i suoi comportamenti e i suoi atteg-
                 giamenti ripetitivi, mi rendo conto che era fondamentalmente invidioso di me, di come io sapessi
                 gustarmi la vita e i piaceri di essa. La mia vita non è stata in discesa come la sua, tutt’altro, ma io ho
                 saputo apprezzare e godere di tutti i suoi risvolti. Lui era invidioso proprio di questa mia capacità,
                 perché in realtà non aveva nessuna qualità di questo tipo. Può sembrare che ora io parli così di lui
                 perché sono stato ferito e distrutto, ma le assicuro che sto dicendo la realtà, una realtà che solo ora
                 comprendo nella sua lucidità. Lui era proprio vuoto! Un vuoto che riempivo io! Stupidamente.
                 Umberto aveva proprio bisogno di nutrirsi di me perché era vuoto di suo. Non essendo capace di
                 amare, perché arido di fondo, cercava in tutti i modi di distruggere cinicamente il rapporto natura-
                 le che si era creato tra noi due. Un pazzo! Sono stato un cretino ad avergli permesso tutto questo,
                 un cretino che si è fatto distruggere da uno che era un bluff totale!
                 Il suo sport preferito era biasimarmi in tutto e per tutto, qualsiasi cosa dicessi era sbagliata, qual-
                 siasi cosa facessi, l’avrei potuta fare meglio, io sbagliavo anche solo perché stavo respirando, men-
                 tre lui, lui era la perfezione che era scesa così in basso per starmi vicino.
                 Questo era il suo segno pragmatico del suo amore nei miei confronti!
                 Io ero lagnoso, troppo appiccicoso e volevo solo conferme da parte sua, non sapevo leggere il suo
                 amore, mi diceva ‘non ti basta sapere che sto solo con te!, non è abbastanza amore questo?’: non
                 c’era mai un gesto di attenzione nei miei confronti, mai un interessamento vero. Anche quando mi
                 rivolgeva la domanda ‘Come stai?’, poi non mi dava il tempo di rispondere perché a valanga mi
                 faceva scendere addosso tutto quello che lui aveva fatto, come si era sentito, quali fossero le sue
                 considerazioni e non la smetteva mai di parlare e di ripetere sempre ‘io, io, io, io, io’.
                 Non mi sentivo più autonomo, parlavo come lui voleva, facevo quello che lui voleva, ero un suo pro-
                 lungamento, non esistevo più.
                 Ci sto mettendo tempo, ma grazie a queste sedute di psicoterapia sto facendo ripartire il cervello.
                 Spesso avevo la percezione di capire lucidamente quale fosse il suo giochino, ma ero paralizzato,
                 qualcosa mi ingessava, non sapevo reagire.
                 Spesso sentivo di essere io in realtà quello ‘superiore’ tra noi due, e che venivo umiliato, avvilito per
                 colmare lo scarto morale e spirituale che in fondo ci separava.
                 Umberto in fondo in fondo ha sempre invidiato che io, provenendo da una famiglia umile, fossi
                 riuscito nella vita a realizzarmi e a essere una persona autonoma e rispettata per quello che è; inve-
                 ce lui, pur provenendo da una famiglia agiata e piena di risorse, non era stato capace di realizzarsi,
                 e quindi ostentava un’immagine di uomo autonomo e capace di sé.
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