Page 47 - La coppia intrappolata
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2.1 Descrizione dettagliata di tre casi emblematici 33
Pur avendo il dubbio sulla reale disponibilità e comprensione della figura a cui si era attaccato, si
sentiva completamente paralizzato a reagire, a dire la sua, a far valere i suoi bisogni interni.
Viveva nell’ansia costante di perdere questa figura di attaccamento, ma quando era con lei viveva
l’angoscia e l’oppressione di sentirsi schiacciato, oppresso, inibito.
Lo feriva sentirsi disapprovato e tendeva ad assoggettarsi a Monica nel fare qualsiasi cosa per pia-
cerle, ma questo portava a indebolirsi sempre più e a perdere la propria autostima.
Era entrato così nel circolo vizioso: temeva a tal punto il rifiuto da essere d’accordo con Monica,
anche se sapeva che aveva torto.
Mancava di fiducia in se stesso e tendeva a boicottarsi da solo, sminuendo alcune delle sue abilità e
punti di forza.
Erano bastati solo dieci mesi per renderlo dipendente e abbassargli la sua autostima, ma il suo carat-
tere rigido, inflessibile, intransigente, lo portava a perseverare fino in fondo “mai abbandonare una
strada intrapresa”.
Giovanni era ignaro del fatto che più tardi avrebbe dovuto fare i conti con un altro aspetto del suo
carattere.
“…Mi vergogno, dottoressa, ma devo confessarle che non riesco a fare a meno di continuare a
farmi male in questa storia… mi umilio scendendo così in basso e attuando dei comportamenti che
non credevo neppure io esserne capace… Ore e ore sosto durante la notte sotto il suo portone per
vedere chi esce o chi rientra con lei…
La chiamo per telefono senza parlare, mi basta sentire la sua voce… quel suo “pronto” impenetra-
bile, imperturbabile... tante volte l’ho seguita con la macchina senza che lei se ne accorgesse, solo
per rivederla… è così bella,… così in forma… si, lo so, fa solo male, ma non riesco a farne a meno.
È un’ossessione, provo dentro di me l’impulso a livello fisico di farlo, anche se la mia mente mi dice
che non devo, che a lei di me non importa niente, che sono stato per lei solo un giocattolo che ha
manovrato e sbatacchiato come meglio ha voluto e potuto… Non ci riesco… non ce la faccio…
sono disperato!”.
Più si disperava, meno cercava di razionalizzare che tutto questo era causato non da lui che si rite-
neva sbagliato come uomo, ma da una sua scelta sbagliata! Una scelta dettata dal desiderio di dover
soddisfare un bisogno che da troppi anni aveva represso: quello di essere amato e di poter amare
liberamente. Aveva creduto di aver trovato la sua anima gemella. Il desiderio di sposarsi era comu-
ne a entrambi, purtroppo la differenza era nel bisogno rispettivo di entrambi. Fino a quando non
fosse riuscito a perdonarsi per la scelta erronea commessa, restava ingessato in questo stato. Era
stato vittima di un aggancio nevrotico.
Il caso di Michela
Michela era una giovane donna di 32 anni, di professione architetto d’interni. Decise di seguire una
terapia psicologica dopo aver interrotto da qualche mese una relazione molto sofferta con un uomo
un po’ più grande di lei.
Era una bellissima ragazza, anche se il viso portava ancora i segni freschi della sofferenza. Aveva
occhi grandi, neri, così neri da potercisi specchiare dentro, ma così spenti da incutere un timore reve-
renziale per tutta l’angoscia che contenevano. I capelli erano lunghi e li portava raccolti da una
lunga coda che lasciava scivolare sulla spalla. L’abbigliamento era piuttosto ricercato, da non passa-