Page 43 - La coppia intrappolata
P. 43
2.1 Descrizione dettagliata di tre casi emblematici 29
a quando lei mi ha dato l’ultimatum e io non ho deciso.
Ci siamo lasciati di comune accordo, le ho permesso di rifarsi una vita… Era bellissima, con lei mi
sentivo di dominare la situazione.
Condividevamo sport, cinema e poi… avevamo una grande intesa sessuale.
Io non riuscivo mai a decidermi se sposarla o meno. Mi lasciava perplesso il fatto che fosse così tanto
diversa da me, non dico a livello culturale, parlo proprio di carattere.
Lei solare, allegra, io più ombroso, riflessivo… Mi sentivo rispetto a lei troppo complicato, lei inve-
ce troppo lineare. L’idillio è venuto a rompersi quando ha iniziato a pressarmi per avere un figlio...
Non ci ho capito niente, mi sentivo schiacciato da troppe responsabilità… Ora capisco che erano
solo mie elucubrazioni mentali,… la mia solita paura di venir fuori ed essere autore di qualcosa.
Non ero in grado di tirare fuori me stesso, come avrei potuto concepire un figlio? Maledizione, un’al-
tra possibilità bruciata, è chiaro che sono un fallito? Ma che vivo a fare? Sono un vegetale e basta!”
Giovanni continuava a far scorrere le sue giornate restando tappato in casa a rimuginare tutto il
tempo sul suo passato, affollando la propria mente con pensieri di rimprovero, di disapprovazione
per come aveva condotto la sua vita. Monica era diventato il suo pensiero ossessivo principale. Le
giornate diventavano sempre più insostenibili, così come la sua stessa abitazione, che con tanto
amore e sacrifici economici aveva voluto e ottenuto, era diventata ormai una gabbia.
“…L’unica cosa concreta che sono riuscito a ottenere dalla mia vita: una casa, la mia casa; ora la
vivo come una prigione, e vi resto solo perché non saprei dove altro andare…”.
Ogni giorno era uguale al precedente, anche i movimenti dentro casa erano gli stessi, lenti, tutti
uguali a uno stesso copione, lo stesso copione che da giorni viveva: dal letto al divano davanti alla
tv. Non aveva mai toccato così tanto il fondo come in quei giorni.
Riconosceva il giorno dalla notte solo perché glieli scandiva la presenza della madre che mossa a
pietà gli portava un pasto caldo. Un pasto che regolarmente assaggiava e poi lasciava. Sentiva che
la madre borbottava qualcosa tutte le volte, ma la sua mente non riusciva a distogliersi dal pensie-
ro ossessivo di Monica. Si riprometteva di dare attenzione alle parole della madre, ma la mente non
registrava, riusciva vagamente a comprendere che doveva trattarsi di una solita “predica” e lo dedu-
ceva dalle espressioni del viso dell’anziana donna.
“…Ho paura di quello che viene dopo… mi sento paralizzato dalla paura,… vorrei che il tempo
si fermasse…”.
Quello che Giovanni cominciava a provare era la“paura di vivere”. Questa paura si stava inesorabil-
mente impossessando di lui, del resto trovava anche campo libero visto che non c’era da parte sua
nessuna forma di resistenza.
“…Sono convinto che la stima che non ha mai nutrito mia madre nei miei confronti cominci a
essere vera…”.
I suoi attacchi di autosvalutazione ormai erano all’ordine di ogni incontro terapeutico. Provava senso
di vuoto tutte le volte che doveva iniziare un nuovo giorno, se cercava di reagire diveniva preda di
un’ansia che non gli permetteva di concludere nulla. Tutto, anche le cose più elementari della