Page 12 - Manuale di autostima
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1.1. Per cominciare: chi conosce il mio valore?


      Un vecchio detto (mia nonna lo ripete sempre) recita: “ogni testa è tribunale”, quindi, ognuno
      pensa a modo suo. Ma il problema principale, in questo percorso, è domandarci: e chi sarebbe
      il giudice (o la giuria, se preferisci), di questo tribunale? Sono io? Sono gli altri? E con “con

      gli altri”, chi intendo? Tutti coloro che incontro, anche quello che mi ha tagliato la strada in
      macchina stamattina? Sono solo i miei cari? Sono, in generale, le persone con cui ho rapporti,
      quindi  sia  quelle  a  cui  sono  affezionato,  sia  quelle  con  cui  ho  un  semplice  rapporto
      lavorativo?
      A volte sarebbe molto più semplice se il giudice delle nostre azioni e dei nostri pensieri fosse

      una  persona  esterna,  perché  ci  sono  momenti  e  occasioni  in  cui,  e  perdonami  se  sbaglio,  i
      giudici  più  inflessibili  di  noi  stessi  siamo  proprio  noi  stessi.  Quello  che  la  psicologia  ci
      insegna, e su cui praticamente tutte le scuole sono d’accordo, è che l’autostima, il valore che
      diamo  a  noi  stessi,  dipende  dalla  differenza  tra  il  nostro  sé  reale  (il  modo  in  cui  noi  ci
      vediamo) e il nostro sé ideale (il nostro ideale di persona). Quindi, più pensiamo di essere
      simili  alla  persona  che  dovremmo  essere,  più  ci  riterremmo  degni  di  essere  amati;  al

      contrario, se la nostra vita ci porta ad essere lontani dal nostro ideale di “persona perfetta”,
      più riterremo di essere persone di poco valore. Il problema principale è che il nostro “sé
      ideale”  dipendi  da  infiniti  fattori.  Dipende  dalla  nostra  cultura,  dal  periodo  in  cui  siamo
      cresciuti, dalle indicazioni che ci sono state date dalla famiglia d’origine, dai nostri interessi.
      È molto probabile che il mio ideale di persona sia diverso dal tuo ideale di persona, e che a

      sua volta sia diverso da quello del tuo vicino di casa. L’immagine del “sé ideale” si basa su
      fattori interni a noi, come valori che riteniamo irrinunciabili (ad esempio, non uccidere gli
      altri),  ma  in  buona  parte  anche  da  input  che  ci  arrivano  dall’esterno.  Proviamo  a  fare  un
      esempio.  Potrebbe  essere  che  la  tua  immagine  di  “persona  che  vorresti  essere”  sia  una
      persona che, con il suo lavoro, riesce ad essere economicamente indipendente dalla famiglia
      di origine e dal partner. Ho tirato ad indovinare, perché non ci conosciamo personalmente,
      quindi,  se  ho  sbagliato,  abbi  pazienza!  Ma  facciamo  finta  che  per  te  sia  così.  Per  te  è

      importante lavorare ed essere autonomo. Questo potrebbe essere un tuo tratto personale, nel
      senso che, nella tua scala dei valori, l’indipendenza e l’autonomia hanno un grande valore.
      Aggiungiamo però un altro elemento. Tu non solo ritieni importante essere economicamente
      autonomo,  ritieni  anche  che  il  tuo  stipendio  mensile  dovrebbe  raggiungere  una  determinata
      cifra, stabilita sulla tua età, su quanto guadagnano dei tuoi amici e su quanto ti servirebbe per

      comprare dei beni (la macchina, lo scooter, uscire ogni sera per andare al cinema…) che tu
      non troveresti così fondamentali, guardando dentro di te, ma che bisogna avere perché li hanno
      tutti. In questo senso, il tuo “sé ideale” non rispecchierebbe più solo la tua personale scala
      di valori e ideali, ma anche tutte le valutazioni che vengono dall’esterno. E le valutazioni
      che vengono dall’esterno non sono sempre positive. Ti faccio un esempio:
      Qualche mese fa, la segretaria della scuola dove lavoro si è ammalata (per fortuna, ora è

      tornata) e mi è stato chiesto di aiutare per un breve periodo in segreteria, cosa che ho
      fatto. Una delle ragazze doveva portare due quote per un’iscrizione a due diversi corsi e, non
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