Page 7 - Manuale di autostima
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1. AUTOSTIMA PIGLIA-TUTTO
“Autostima”, un termine così famoso da essere conosciuto, e utilizzato, anche dai bambini.
Eppure è un concetto così importante che gli psicologi lo descrivono come una caratteristica
“pervasiva” della personalità. Quando ho sentito per la prima volta il termine “pervasivo”,
nella mia testa si è formata un’immagine ben precisa. Alle scuole elementari, ci fecero fare
un esperimento, guidato dalla mia maestra. Era pomeriggio, e la maestra aveva preparato un
grande vaso di vetro pieno di acqua e colorante blu scuro, quindi l’acqua sembrava nera.
Appoggiò il vaso sulla cattedra e ci fece disporre a cerchio, in maniera tale che tutti potessimo
vedere (oggi, probabilmente, ogni bambino riceverebbe un bicchiere d’acqua con cui fare il
suo esperimento, ma alla mia scuola elementare eravamo più sportivi). Poi prese un cetriolo,
ne tagliò un’estremità, lo immerse nell’acqua e lo lasciò lì per l’intera settimana. Passati i setti
giorni, ci riunì di nuovo attorno alla cattedra, sistemò il cetriolo su un foglio di carta
assorbente e iniziò a tagliarlo a fette. Non so se hai fatto lo stesso esperimento anche tu,
quando eri a scuola, ma spero di non rovinarti la sorpresa se ti svelo che il cetriolo aveva
assorbito tutta l’acqua colorata, che si era espansa al suo interno e l’aveva fatto diventare
completamente nero.
L’autostima è come l’acqua colorata che pervade il cetriolo e ne invade ogni sua cellula,
perché è attraverso la stima, l’amore che hai di te stesso, che dipenderà come valuti le
tue azioni, il tuo passato e le tue relazioni. Attraverso gli occhiali dell’autostima, persone
diverse potrebbero avere opinioni diversi sul valore e la bontà della stessa azione. Quante
volte ci capita di incontrare persone che, ai nostri occhi, sono piene di pregi, ma che
continuano a sminuirsi? Al contrario, quante volte capita di vedere persone che non ci
piacciono, ma che si credono perfette? Quante volte ti viene fatto un complimento sincero e tu
non credi di meritarlo?
L’ingegner Forti non aveva mai pensato di essere in grado di migliorare la sua posizione
lavorativa. Era impiegato nello stesso ufficio ormai da diversi anni, e non aveva mai creduto
che avrebbe potuto ricoprire un ruolo più importante, o più impegnativo, rispetto a quello con
cui era stato assunto. E comunque, avrebbe mai voluto avere a che fare ogni giorno con il
direttore Monti, il direttore della sua azienda? Come semplice impiegato, aveva a che fare
direttamente con il direttore (considerato da tutti, in ufficio, la quint’essenza del male) due, tre
volte al massimo al mese, mentre per il resto delle giornate poteva limitarsi a leggere le
circolari che venivano inviate. Salire di livello, al contrario, avrebbe significato un rapporto
(quasi) quotidiano con il direttore Monti, un rapporto fatto di riunioni, incontri in corridoio e
(Dio ce ne scampi e liberi) cene di lavoro con relative consorti. Così, anche quella mattina, il
nostro nuovo conoscente ingegner Forti arrivò a lavoro tranquillo, convinto di poter
raggiungere il suo ufficio e trascorrere la giornata senza incappare in particolari disastri.
Purtroppo, le sue aspettative vennero deluse ben presto.
«Ehi, Forti» fu il saluto della segretaria, appena varcata la soglia dell’ingresso «lascia pure i
documenti qui: il direttore Monti ha detto di volerti parlare di persona, stamattina».
Se alla povera segretaria fosse spuntata una seconda testa dal collo, l’ingegner Forti non