Page 11 - Il grande dizionario della metamedicina
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Claudia
Ai miei amici medici
Nel 1982 mi chiesero di partecipare all’inaugurazione del dipartimento di microbiologia di un nuovo ospedale nella
periferia di Montréal. Oggi, mentre scrivo questo libro ventotto anni dopo, mi tornano in mente le parole di un
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cantautore del Québec: «Oggi non vedo più la vita allo stesso modo…» Anche se io pensavo piuttosto: «Oggi non
vedo più la microbiologia allo stesso modo…» E chissà se dopo aver preso visione di questo libro e averlo
sperimentato con i vostri pazienti anche voi penserete: «Oggi non vedo più la medicina allo stesso modo…»
Ho scritto ogni riga di questo libro pensando a voi. Sono consapevole dell’alto numero di pazienti che incontrate
ogni giorno e del poco tempo che potete dedicare loro; per questo ho fatto in modo che dando una semplice occhiata
a una determinata patologia voi possiate farvi subito un’idea della sua causa psicosomatica, che non può essere
separata dalla causa biologica.
Non vi capita a volte di provare una sensazione d’impotenza davanti a tutti i sintomi psicosomatici, a tutte le nuove
patologie idiopatiche, alle malattie autoimmuni?
Non vedete lo sconforto sul viso dei vostri pazienti e con quale sguardo vi dicono, con tutta la fiducia che ripongono
in voi: «Dottore, mi aiuti»?
Perché limitarvi… a quello che vi hanno insegnato? Perché stare a chiedersi chi di noi è il migliore e non, invece,
lavorare di concerto in modo da aiutare tutte le persone che soffrono?
Non sarebbe ora di riportare l’amore nella medicina? Come ha scritto un medico che di recente ha partecipato al
salvataggio delle vittime del terremoto di Haiti: «Ci fa bene ritrovare l’anima del nostro mestiere che in questi ultimi
anni abbiamo perso con la riforma dei nostri ospedali».
Perché non far partecipare i pazienti alla guarigione?
È quanto vi propongo con questo libro. Potete rivolgere semplicemente una domanda al vostro paziente, senza
nemmeno aspettare la risposta. Vi stupirà il numero di pazienti che rimarranno colpiti dalla domanda. Il fatto che vi
interessiate a loro, e non soltanto alla loro patologia, sarà un balsamo per il cuore e per il corpo.
Molti si stupiranno di quanto la vostra domanda sia appropriata e vi risponderanno: «Lei come faceva a saperlo,
dottore?» Vedrete che il vostro lavoro diventerà più motivante, più incoraggiante. Scoprirete un altro modo di
praticare la medicina senza dover rinnegare quella che già utilizzate.
Io sono vostra collega, vostra amica, vostra sorella. Mi sono allontanata dai sentieri battuti della medicina solo per
tornarci in modo migliore. Questa volta però non con ciò che la medicina mi ha dato, ma con quello che io ho dato a
lei. Per farlo ho dovuto sperimentare la malattia, ascoltarla per oltre venticinque anni in coloro che partecipano ai
miei seminari ed essere così in grado di scrivere parole che mi auguro vi permettano di udire la sofferenza dei vostri
pazienti. Vi ringrazio di assecondarmi in quella che è la nostra missione.
Claudia Rainville
Ai miei amici terapeuti
So che molti di voi, impegnati in un eccellente lavoro di aiuto al prossimo, non hanno necessariamente basi mediche
approfondite. È per questo motivo che ho cercato di fornire una spiegazione semplice dei vari malesseri e delle
varie malattie che affronto. Spiego chiaramente che cos’è un’infezione, un’infiammazione, il cancro, le malattie
autoimmuni, le miopatie e così via.
Sono consapevole della formidabile utilità di questo libro e del fatto che molti di voi ne faranno uso nella loro
pratica quotidiana e nei loro seminari. Non posso che rallegrarmene, poiché l’ho scritto pensando a voi, affinché
possiate a vostra volta proseguire questa missione di risveglio della coscienza.
Se dovessi contare il numero di persone che dopo aver seguito i miei corsi di formazione sono diventate a loro volta
terapeuti, insegnanti o autori di libri, la lista sarebbe molto lunga. Anche se sono pochissimi quelli che hanno
riconosciuto il mio contributo. Molti hanno persino ripreso i miei lavori attribuendoli a se stessi, senza nemmeno
menzionare il mio nome.
Ho discusso di questo con la mia amica Lise Bourbeau, che mi ha detto: «Perché credi che ti sia capitata questa
situazione?»
Ho dovuto riflettere sulla sua domanda. Poi ho capito: visto che ero io ad attribuire poco valore a me stessa e ai
miei lavori, chi seguiva i miei seminari faceva altrettanto.
Io attribuivo scarso valore al mio operato perché avevo imparato a dare importanza solo a ciò che mi richiedeva
degli sforzi. E invece per me era molto facile connettermi con una meravigliosa fonte di conoscenza. Alcuni
partecipanti dicevano che avevo un «dono», ma per me si trattava di una seconda natura.
Quel «dono» o, meglio, quella «seconda natura» si è rivelata sin dall’inizio, quando ho iniziato a tenere corsi di