Page 8 - Il grande dizionario della metamedicina
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È  bene  specificare  che  un’altra  persona  può  soffrire  di  emicranie  per  motivi  totalmente  diversi,  ma  le  domande
     rimangono comunque delle chiavi formidabili che ci permettono di scoprire ciò che ha avvertito come una minaccia.
     Ecco  un  esempio  al  riguardo.  Una  persona  divenuta  disabile  a  seguito  di  una  polio  si  rivolse  a  me  per  delle
     emicranie che si intensificavano con il passare degli anni. Le chiesi quando erano iniziate e lei mi rispose che tutto
     era cominciato dopo una visita a una sua amica ricoverata in un centro per disabili. Quando le chiesi cosa aveva
     provato mentre si trovava nell’istituto, mi rispose: «Ho pensato che se fossi stata in lei mi sarei sentita in prigione».
     Poi aggiunse: «Del resto io non sopporto di stare in una stanza con la porta chiusa, mi sento soffocare».
     «Ti sei forse già trovata chiusa in qualche posto?»
     A questa domanda, mi raccontò che quando era bambina un giorno sua madre era uscita a fare la spesa mentre lei
     dormiva. Quando si era svegliata, si era resa conto di essere sola e che la porta era chiusa a chiave. Aveva provato
     molta paura e aveva creduto di essere stata abbandonata e rinchiusa senza possibilità di uscire.
     Dopo  averla  aiutata  a  liberare  le  emozioni  legate  a  ciò  che  aveva  vissuto  da  bambina,  cercando  di  aiutarla  a
     immaginare cosa avrebbe potuto fare invece di credere di essere richiusa e abbandonata, le chiesi: «Hai forse paura
     di perdere la tua autonomia e di dover essere ricoverata come la tua amica?»
     La mia domanda la aiutò a rendersi conto di quello che per lei rappresentava una minaccia: perdere l’autonomia
     significava infatti perdere la libertà, e perdere la libertà equivaleva a stare in prigione.
     Non aveva mai fatto il collegamento tra le emicranie e la paura di perdere l’autonomia. Lo realizzò allora, e riuscì
     così a trovare le soluzioni per superare quell’angoscia inconscia.
     In  Metamedicina  si  evitano  le  generalizzazioni,  ci  si  serve  delle  chiavi  contenute  in  questo  dizionario  in  modo
     induttivo, avendo ben chiaro che ogni persona ha la sua storia, che può essere molto diversa da quella di un’altra
     persona  con  gli  stessi  sintomi  o  la  stessa  malattia.  Inoltre,  la  causa  può  riunire  un  insieme  di  affezioni,  oppure
     un’affezione può essere dovuta a un insieme di cause.
     Uno dei partecipanti ai miei seminari mi consultò in merito a un incidente nel quale si era fratturato la spalla e il
     braccio e si era slogato una caviglia. Mi interrogò sulla o sulle cause possibili. Gli chiesi se prima che accadesse
     l’incidente  non  si  era  per  caso  sentito  colpevole  per  aver  messo  fine  a  una  situazione  di  responsabilità  che  gli
     pesava. Rimase molto colpito dalla mia domanda e mi rispose: «Lei è un’indovina?»
     Padroneggiare le chiavi della Metamedicina significa essere capaci di utilizzare sia l’emisfero celebrale destro sia
     il sinistro; il che ci permette di adoperare contemporaneamente la logica e l’intuizione, dunque di essere capaci di
     usare  l’analisi  in  una  visione  più  globale.  Si  potrebbe  pertanto  parlare  di  logica  intuitiva  o  di  intelligenza
     emozionale.
     La domanda fatta a quell’uomo aveva anche una base logica, non una logica fredda ma una logica dettata da quello
     che  avvertivo.  La  mia  logica  era  la  seguente:  dal  momento  che  si  trattava  di  un  incidente,  era  possibile  che
     all’origine ci fosse un senso di colpa o il desiderio di porre fine a una situazione. Considerando che a essere colpiti
     erano stati la spalla, il braccio e i legamenti della caviglia (distorsione), ho formulato i seguenti pensieri:


          Utilizziamo  le  spalle  per  portare  carichi,  che  dunque  rappresentano  ciò  che  noi  portiamo:  può  essere  la
          responsabilità  assunta  nei  confronti  delle  persone  di  cui  ci  occupiamo,  oppure  può  essere  collegato  a  una
          situazione che ci pesa.

          Le braccia servono per prendere, per eseguire delle azioni; di conseguenza hanno a che vedere con ciò che si
          prende, ciò che si compie.

          Una distorsione è uno stiramento o una rottura dei legamenti. I legamenti rappresentano ciò che ci tiene uniti o
          ciò che ci trattiene.

     Ho dunque formulato la domanda basandomi su ciò che ogni parte colpita rappresenta. L’uomo mi raccontò che in
     effetti prima dell’incidente aveva chiuso una relazione affettiva con una donna che aveva tanti problemi e che era
     molto dipendente da lui. Lasciandola, aveva avuto la sensazione di averla abbandonata.
     Lo aiutai a liberarsi di quel senso di colpa, nonché a prendere coscienza e accettare il fatto che il modo migliore per
     aiutare quella persona forse era stato proprio offrirle la possibilità di farsi carico di sé, e non incoraggiare la sua
     dipendenza continuando ad aiutarla a risolvere i suoi problemi. Lui si sentì sollevato e si liberò dal senso di colpa.
     Ora spettava solo al suo corpo completare la riparazione delle parti danneggiate.
     Gli esempi menzionati possono sembrare semplici, dato che qui ho riassunto solo il nucleo del mio pensiero, ma ciò
     non significa che la Metamedicina sia semplicistica e che sia sempre facile identificare la causa di un disturbo o di
     una malattia.
     Le  domande  proposte  nel  dizionario  devono  essere  prese  come  probabilità.  Solo  la  storia  della  persona  ci
     permetterà di scoprire quello che ha provato e che ha generato le emozioni da cui sono nati i sintomi. Per questa
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