Page 98 - Sbirritudine
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non solo. Scese dalla macchina, raggiunse Lo Re che stava esaminando
              il danno e lo schiaffeggiò. O meglio, lo lampiò con un doppio schiaffo

              che lo fece cadere a terra svenuto.
                 L'incidente era avvenuto vicino al corso principale, e molta gente li

              vide: un uomo d'onore che picchiava un poliziotto in divisa. In mezzo
              alla folla c'erano pure la moglie e i due figli di Lo Re. Ed era proprio
              suo figlio più grande che il nostro collega guardò, con la faccia rossa e

              gli  occhi  lucidi,  mentre  stava  stinnicchiàto  a  terra.  Non  riusciva  a
              smettere di fissarlo. Il bambino si vergognava per suo padre, che non
              poteva  fare  niente,  mentre  Betoniera  gli  urlava  che  era  una  testa  di
              minchia, che guidava come una femmina, che lui si era fatto male al

              collo e che gli chiedeva pure i danni. Lo Re non gli rispose, risalì in
              macchina e se ne andò. Quando venne in commissariato aveva la faccia
              che  pareva  ustionata  per  quanto  era  rossa.  Non  ci  disse  nulla,  ma  la

              notizia  di  quella  scenata  arrivò  anche  a  noi.  Renzo  e  Tacconi
              sfarfallàrono. Parlavano di andare da quel porco e spaccargli la faccia.
              Cripto proponeva di aspettarlo vicino casa di notte e fargli passare la
              voglia con una cutuliàta seria. Io andai a trovare Lo Re e gli chiesi di

              raccontarmi come era  andata.  Lo Re  mi rispettava,  mi disse,  ma non
              voleva che mi immischiassi nelle sue cose. Notai che la sua divisa era
              sporca di sangue, e le narici ne avevano un po' raggrumato sui bordi.

              Replicai che quelle non erano cose solo sue: era in divisa quando era
              successo,  quindi  ci  riguardava  tutti.  Gli  raccontai  che  c'ero  passato
              anch'io, che la sua vergogna l'avevo provata mille volte. Mi rispose che

              se ne sbatteva di Passalacqua e di quelli come lui, ma che gli importava
              di suo figlio. Come fa un figlio a crescere vergognandosi di suo padre?
              Io  gli  rivelai  che  anche  mio  padre  era  stato  umiliato  quando  ero  un

              bambino.  E  che  però  questo  non  me  lo  aveva  fatto  sembrare  meno
              uomo,  anzi.  Lui  scoppiò  a  piangere.  Mi  abbracciò.  Mi  confidò  che
              aveva  pensato  di  ammazzare  Passalacqua.  Voleva  sparargli  in  faccia.
              Quando si calmò, andai dagli altri e scoprii che si erano organizzati per

              andare in piazza dal mafioso per fargliela pagare. Iniziai a urlare: non
              era così che funzionava, noi non eravamo come loro. Dissi a tutti di
              andare  a  prendere  la  loro  divisa  d'ordinanza,  e  loro  in  risposta  mi

              guardarono  come  se  fossi  pazzo.  Dovevano  recuperare  la  divisa,
              insistetti. Poi ci saremmo beccati in piazza, al bar dove Passalacqua si
              vedeva con quelli della famiglia Tortorici.

                 Rimasto solo, corsi alla mia macchina e tornai a Bonifacio; entrai in
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