Page 94 - Sbirritudine
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mi mostrò il santino di questo nuovo politico. “Vota Camillo Strazzeri”
c'era scritto, sotto una faccia che conoscevo bene: era il nipote di
Calafiore, l'ubriacone al volante. Lo dissi a Renzo. Ma lui era convinto
che non c'entrasse nulla con lo zio. Era arrivato il cambiamento. In
Lamborghini, pensai, forse per fare prima.
Vecchie facce diventavano nuove. Tutto sembrava possibile, perfino a
un poliziotto con i coglioni e la testa di Renzo. In Italia la memoria è
cortissima. Un politico può aver fatto delle porcate immani ieri e oggi
parlare come se si fosse sciacquato la bocca con l'acqua santa, e tutti lo
ascoltano come se fosse un profeta biblico. In Italia sono stati tutti
fascisti e poi comunisti e poi liberisti e poi progressisti. Basta fare una
giravolta e oplà, da cavallerizzo a funambolo e da clown a presentatore.
Da un po' sentivo raccontare quella storia: tutto stava cambiando. In
risposta alla mattanza, alle stragi, alla ferocia dei corleonesi stava
succedendo qualcosa. L'antimafia diventava forza politica, programma
elettorale, bacino di voti. Comizi, parole di lotta, promesse di
rivoluzione. Prezia era lontana da Palermo, che era il centro
dell'uragano, ma anche da noi arrivava quel vento di primavera che
pareva dovesse spazzare via tutto il marciume, il letame e l'immondizia
accumulati per anni dalla mafia e dalla politica.
Dissi a Renzo che forse aveva ragione. Stava succedendo qualcosa.
Però era strano: da una parte i corleonesi che erano all'apice del loro
potere e dall'altra un'ondata di rinnovamento che sembrava voler
buttare giù il vecchio partitismo. Alla forza assoluta della mafia di
solito corrispondeva un controllo placido e paternalistico della politica
e dell'Italia. Non era mai successo che le due facce della medaglia
fossero così diverse. Una segnava bel tempo e l'altra tempesta. Oppure
era vero il contrario? I corleonesi si prendevano la mafia e i loro
referenti politici, dei ragazzini con la faccia pulita, si stavano
prendendo lo Stato? Comunque, io, qualunque vento avesse spirato, da
qualunque parte fosse giunto, non mi sarei chinato. Mai.
I nuovi componenti della squadra investigativa entrarono proprio
mentre Renzo mi sventolava davanti il santino di Strazzeri. Erano in
cinque. Prima che si presentassero, mentalmente affibbiai a ciascuno un
soprannome: Arancina, Incatramato, Casco, Tacconi e Muto. Avevano
la mia età. E i miei stessi anni di servizio. Eppure sapevo di avere
addosso almeno dieci anni di esperienza in più. Mentre li osservavo in
silenzio, per la prima volta in vita mia mi sentii vecchio.