Page 91 - Sbirritudine
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In commissariato consegnai l'ubriaco e chiesi di mandare qualcuno a
recuperare la sua amichetta. Quando il piantone mi domandò con quale
accusa avessi arrestato il nipote di Calafiore, gli dissi che io non avevo
arrestato nessuno: era stato proprio lui a chiedermi di accompagnarlo in
commissariato. Ci voltammo entrambi verso di lui: dormiva disteso su
una panca. Me ne tornai a casa e mi dimenticai di questa storia.
Qualche giorno dopo, immancabile, mi arrivò il cazziatone di Bosco.
L'assessore Calafiore lo aveva chiamato e bla bla bla. Ormai non
ascoltavo neanche più. Notai solo che era diventato ancora più pallido:
quello si stava ammalando di brutto. Lo stesso giorno andai alla solita
rosticceria per mangiarmi un calzone fritto e mi sentii chiamare da
quella vocina celestiale. La doppia femmina era tornata. Mi invitò a
fare una passeggiata. Camminammo in direzione della piazza. Mi disse
di chiamarsi Paola e che ero stato il primo uomo a piantarla senza se e
senza ma. Non risposi. Cercavo di capire cosa volesse. Era in tuta e
scarpe da ginnastica, senza trucco e con i capelli raccolti. E sembrava
ancora più bella. Mi chiese se fossi sposato. Dissi di sì.
«E la fede?»
«Non la porto in servizio, rischierebbe di incastrarsi chissà dove»
dissi.
«Lei non è un tipo da ufficio…» Parlava un italiano perfetto, senza
accento.
«Che cosa vuoi?» le chiesi.
«Niente, solo dirti che ho chiesto di te in giro e ho scoperto che non
pieghi la testa davanti a nessuno.»
«E chi te l'ha detto?»
«Lo zio del mio accompagnatore. L'ho sentito mentre si cazziava il
nipote di brutto.»
«E tu dov'eri?» chiesi sospettoso. «Proprio nella stanza accanto da
cui si sentiva tutto, guarda caso?»
«No, ero in camera da letto» spiegò lei, come se fosse la cosa più
normale del mondo.
«Ma non te la fai con il nipote?»