Page 89 - Sbirritudine
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Dopo la botta di Rizzitelli e Patalèo ero talmente schifato che chiesi
              al fratello di un amico che lavorava con gli istituti di vigilanza se avesse

              un  posto  per  me.  Mi  rispose  che  dovevo  togliermelo  dalla  testa.
              Rischiavo di incasinargli tutto. In effetti, sapevo che spesso erano gli
              stessi uomini della vigilanza a commettere piccole effrazioni nelle case,
              così  da  spingere  la  gente  a  pagare  per  avere  la  loro  protezione.

              Facevano  come  i  mafiosi:  creavano  le  condizioni  per  sembrare
              necessari.  Il fratello del  mio amico aveva ragione, avrei denunciato i
              miei colleghi la sera stessa del primo giorno di servizio. Ero siddiàto.

              Facevo un passo avanti e sei indietro.
                 Fu  allora  che  in  commissariato  arrivò  una  lettera  minatoria.  Ce

              l'avevano  con  me,  dicevano  che  mi  avrebbero  incaprettato.  Bosco
              quando  la  lesse  per  poco  non  gli  veniva  un  ictus.  Era  sempre  più
              nervoso e irritabile, si  era pure  messo a fumare. Aveva gli occhi che

              parevano in salamoia. Mi faceva pena.
                 Io non diedi peso alla lettera. Bosco, invece, informò il questore. Mi

              feci una chiacchierata con lui pochi giorni dopo. Mi chiese se volevo
              essere  trasferito.  Gli  risposi  che  forse  era  Bosco  che  voleva  il
              trasferimento.  Due  giorni  dopo,  finito  il  turno  di  notte,  trovai  due

              proiettili  nella  mia  auto.  Erano  lì  sul  sedile,  lato  passeggero.  La
              macchina  era  chiusa  a  chiave.  I  vetri  tirati  su.  Non  avevano  toccato
              niente,  avevano  solo  aggiunto  quei  due  bei  proiettili.  Avrei  dovuto
              denunciarli, far rilevare le impronte, fare degli accertamenti sul lotto di

              provenienza… Ma vaffanculo. Me li misi in tasca, guidai fino alle porte
              di  Prezia,  lì  dove  c'erano  i  possedimenti  del  boss  Fifi  Bellingeri.  Mi
              fermai vicino a uno dei suoi vigneti, scesi, infilai i proiettili nella mia

              pistola d'ordinanza e li sparai. Vaffanculo.
                 Lasciai i bossoli lì a terra, così i suoi uomini li avrebbero ritrovati.

              Risalii  in  macchina  e  guidai  lentamente  verso  Bonifacio.  Non  ero
              stanco, ero scarico. Avevo bisogno di andare a casa. Ripensai a quello
              che avevo appena fatto. Mi stavo facendo fregare da loro. Ma chi erano

              loro?  I  mafiosi  o  i  miei?  Lavoravo  per  chi,  e  contro  che  cosa?  Due
              carabinieri  compromessi  con  degli  uomini  d'onore.  Maggiori  che
              coprono il culo a entrambi. Questori che avocano inchieste. Magistrati

              che non sanno che cazzo fare. Io mi stavo perdendo. Poi da destra, da
              un incrocio con uno STOP grande come una casa, mi sfrecciò davanti
              una Lamborghini gialla. Piantai i freni appena in tempo; se avessi avuto

              la solita andatura a quest'ora al centro dell'incrocio ci sarebbe stata una
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