Page 85 - Sbirritudine
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del campanello, per quanto era rincoglionito. Alla fine ce la fece, entrò
              e uscì dopo nemmeno un minuto con il sorriso stampato sulla faccia.

              Scesi dall'auto, fermai lo sballato e gli chiesi dove avesse preso le due
              dosi che aveva ancora in mano. Lui mi disse che se la coltivava da solo.

                 «L'eroina?» gli chiesi io. «Ti coltivi da solo l'eroina?» Lui mi guardò
              perplesso. Era talmente fatto che credeva di aver comprato erba. Poi mi
              indicò  la  casa  di  Malatesta  e  scivolò  a  terra.  O  svenne.  Mai  capito.

              Comunque, potevamo fare irruzione. Bussammo e ci venne ad aprire la
              madre.  Povera  donna.  Cripto  restò  con  lei.  Renzo  puntò  a  Ludovico,
              che  appena  ci  vide  entrare  filò  verso  il  bagno  per  cercare  di  disfarsi
              della roba. Renzo lo bloccò e lo trascinò in salotto.

                 Io ero rimasto in corridoio. Fermo. Dall'altra parte c'era Marcello, il

              mio vero obiettivo. Era spuntato dalla cucina, dove stava mangiando un
              piatto  di  pasta  e  lenticchie  che  la  madre  gli  aveva  appena  riscaldato.
              Marcello mi fissava. Con calma gli dissi che avrei dovuto effettuare una
              perquisizione in casa. Lui  mi fece cenno che andava bene. Scartai la

              stanza del fratello tossico ed entrai nella sua. Renzo mi urlò dal bagno
              che  aveva  trovato  almeno  altri  venti  grammi.  Io  aprivo  cassetti  e
              controllavo  fascicoli;  rinvenni  documenti  fotocopiati  e  lettere

              commerciali. Sotto uno strato di slip trovai un blocchetto di ricevute di
              una finanziaria. Ma non era quella per cui lavorava Marcello. Un'altra
              ancora?  Sfogliai  le  pagine  e  mi  saltarono  agli  occhi  i  dati  di  un
              finanziamento  di  cinquantamila  euro  intestato  a  Giovanni  Rizzitelli,

              carabiniere  in  forza  alla  compagnia  di  Prezia.  Rizzitelli  era  uno  in
              gamba.  Lui  e  Calogero  Patalèo  avevano  compiuto  diverse  operazioni
              antimafia di alto livello nella Sicilia occidentale. Erano conosciuti, non

              solo dagli addetti ai lavori. Ma che ci faceva una ricevuta a suo nome in
              casa  di  uno  come  Marcello?  Cinquantamila  euro.  Non  era  una  vera
              ricevuta, era più un appunto.

                 «Le  racconto  tutto  se  lascia  andare  mio  fratello.»  Disse  così,
              Marcello. Era scivolato alle mie spalle. «Mia madre sta male e non ce la

              farebbe a reggere sapendo che Ludovico è in galera.»
                 Io gli mostrai il blocchetto di ricevute.

                 «Che mi sai dire di questo?» gli chiesi. Mi rispose che non voleva

              essere coinvolto. Avrebbe vuotato il sacco, ma non voleva pagare per
              gli altri.

                 Mi  raccontò  che  tempo  prima  stava  per  sposarsi  con  la  figlia  del
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