Page 83 - Sbirritudine
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droga? Io verificavo, se c'era, nome del sospettato, indirizzo o luogo
indicato. Quindi assegnavo un indirizzo fisico al reato e attaccavo una
puntina rossa sulla mappa di Prezia. Armi? Lo stesso, ma puntina nera.
Basavo tutto sul luogo del reato, non sul reato in sé. Così i controlli
erano più semplici. Bastava una pattuglia e in una notte si riusciva a
verificare almeno una decina di segnalazioni anonime. Ma catalogare,
classificare, controllare mi stava massacrando. Eravamo troppo pochi e
i nuovi ancora non arrivavano. Non potevamo fidarci degli altri colleghi
in servizio: ragionavano alla minchia di cane. Se un reato era vero o era
falso non gli cambiava niente, dopo il turno tornavano dritti a casa a
vedere la tv. Per loro, il nostro era un lavoro come un altro.
Dopo che ebbi piantato i freni, Nardo venne vicino allo sportello.
Solo allora lo riconobbi. Mi disse che doveva parlarmi. Mi diede
appuntamento fuori Prezia, in un casale diroccato.
Ero sfinito, ma poteva saltare fuori qualcosa di interessante. Quando
arrivai lo trovai con due birre in mano. Me ne porse una e brindammo.
Gli chiesi come gli andava. Lui era troppo orgoglioso per dirmi che la
sua vita continuava a essere uno schifo. Mi confidò di avere una buona
soffiata. Io lo esortai: «Che aspetti, dimmela e ce ne andiamo a
dormire». Lui, però, mi chiese dei soldi. «Stavolta» sussurrò «ne ho
bisogno.»
Io mi feci un altro sorso e posai la bottiglia a terra. «Non ti posso
aiutare allora» gli dissi. Andai verso la mia auto. Lui mi bloccò. Mi
voltai e lo guardai incazzato. Mi lasciò andare e mi chiese scusa. Gli
rimarcai che io le informazioni non le pagavo. Potevo dargli una mano
con la spesa. Momenti di difficoltà ne abbiamo tutti e non c'era da
vergognarsene. Lui abbassò la testa. Gli offrii di fargli trovare dei
sacchetti con biscotti, latte, pasta e barattoli l'indomani sera, nascosti in
quel casolare. Gli dissi che io guadagnavo una miseria, ma che un aiuto
non lo negavo a nessuno. Gli porsi la mano. Lui me la strinse
imbarazzato. Mi voltai e andai verso la mia macchina.
«E l'informazione?» mi chiese. «Non la vuoi?»
«Non ti do una mano perché tu mi dica delle cose.» Lui mi sorrise.
Disse che voleva nascere sbirro in un'altra vita, così saremmo stati
colleghi. Cosa gli faceva credere che in un'altra vita io sarei stato di
nuovo poliziotto, gli chiesi. Lui mi sorrise. Replicò che pure se
rinascevo cane avrei fatto lo sbirro: il cane poliziotto. Ma anche se fossi