Page 78 - Sbirritudine
P. 78
sordo. Più ci avvicinavamo a lui e più notavo che alcuni buchi erano
stati riempiti con piantine di limoni. Piazzare sotto un limone altre
dodici piantine di limoni era una minchiata. L'albero di limone ha
bisogno di sole, non dell'ombra di un altro limone. O quel contadino era
incapace o stava cercando di tappare quei fori per nascondere qualcosa.
Quando ci avvicinammo a lui, finalmente si voltò. Ma solo perché
vide le nostre ombre allungarglisi intorno alle gambe. Capì subito che
eravamo poliziotti, con un'occhiata. Aveva la faccia cotta dal sole.
Sessant'anni. Ma forse di più. Sembrava uno di quei muri bassi di pietra
che sorgono tra le montagne calve dell'entroterra siciliano: pietre su
pietre, una sull'altra, che stanno lì fin dalla creazione del mondo a
proteggere chissà quale segreto misterioso. Non disse nulla, né la sua
faccia tradì la minima emozione. Era un recinto impenetrabile che
teneva chiusi i suoi pensieri. Cripto era nervoso, invece. Si mise a
girargli intorno. Io lo fissavo, in silenzio. Lui aveva capito che sapevo
della piantagione. Doveva aver lavorato come un pazzo per tre giorni e
tre notti. Dodici piantine ad albero, e c'erano centinaia di alberi. Ma alla
fine ce l'aveva fatta. Questo significava il suo silenzio: era riuscito a
estirpare tutte le piantine di marijuana e a nasconderle da qualche parte.
Non gli potevo fare niente. Mi lasciava pascolare per il terreno perché
ero uno sbirro, ma non avrei trovato nulla. Quindi, prima me ne andavo
e meglio era per tutti. Non gli chiesi nemmeno perché piantasse limoni
sotto i limoni. Non mi avrebbe risposto. Erano fatti suoi quello che
faceva con la sua terra e le sue piante. Sostenni ancora per un po' il suo
sguardo. Poi mi voltai e ci ripensai: gli alberi erano almeno trecento,
secondo un calcolo veloce. Trecento per dodici faceva almeno
tremilaseicento buchi. Doveva averne dimenticata qualcuna.
Dissi a Cripto di restare con il contadino, che non si mosse. Aveva
una pala in mano e decine di piante di limoni con le radici insacchettate
intorno. Il sole picchiava. Mi feci il giro del campo. Il terreno era
pulitissimo. Buchi e alberi di limone, nient'altro. Niente erbacce. Terra
grassa e umida. Quel tizio era un gran lavoratore. Non era uno della
mala, era un contadino vero. Qualcuno gli doveva aver fatto una
proposta allettante, o forse lo aveva minacciato. E lui si era trasformato
in coltivatore di erba. Le piantine non le aveva distrutte, ne ero certo.
Era roba della mafia, non poteva fare di testa sua. Se fosse venuto
qualcuno a reclamarle, lui gliele avrebbe dovute mostrare, tutte e
tremila.