Page 76 - Sbirritudine
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Mi rimanevano sei proiettili. Ne passai la metà a Cripto, scesi
dall'auto e andai a controllare la Punto. Vuota. Nessuna traccia di
sangue. Non li avevamo feriti. Un paio di sacchetti della spesa, lo
scontrino era di un supermercato di Prezia. Pasta, sugo, latte e biscotti.
Quando uscii dalla Punto, improvvisamente la montagna intorno a noi
iniziò a tremare. Sopra di me spuntò dal nulla un elicottero. Poi
arrivarono volanti e gazzelle dei Carabinieri. In pochi minuti la vallata
si riempì di divise che setacciavano palmo a palmo la zona. Quel pizzo
di montagna era diventato un raduno delle forze armate: la Criminalpol
era sulle tracce di Leto da tempo, arrivarono anche i finanzieri. Dei tre
fuggitivi però non c'era traccia. Si erano volatilizzati.
Poi arrivò il magistrato Zanca, di Napoli. Uno con le palle. Mi prese
in disparte e mi fece i complimenti per il sangue freddo. Mi avvertì che
se nel rapporto avessi taciuto sul fatto che conoscevo Leto fin da
bambino mi avrebbe capito: quelli erano bastardi, disse. Rischiavo di
espormi a una vendetta. Io gli assicurai che avrei scritto il mio rapporto
senza omettere nulla. Mi strinse la mano e mi rivelò che qualche ora
prima Leto e i suoi avevano ammazzato un altro uomo. «È un
commando di fuoco terribile» mi confidò.
Quando rimasi solo cercai con lo sguardo Renzo e Cripto. Mi
sorrisero. Ci era andata bene. Ma avevamo fatto quello che dovevamo
fare. In tutto quel casino di poliziotti, carabinieri, finanzieri,
commissari, capitani e colonnelli, mancava solo una persona:
l'agghimmàto, il mio dirigente Bosco. Il capo della omicidi di Palermo
me lo fece notare.
«Dov'è il tuo dirigente?» mi chiese.
«A fare il suo dovere» risposi. Lui mi guardò serio. Poi mi diede una
pacca sulla spalla. Mi raccontarono in seguito che lo stesso capo della
omicidi a quel punto era corso da Bosco e lo aveva beccato che
ascoltava musica nel suo ufficio. Bosco si beccò una cazziata che fece
tremare i vetri delle finestre, e fu costretto a venire sul posto. Quattro
ore dopo la sparatoria mi venne incontro furioso, puntandomi come un
bersaglio. Si vedeva che aveva covato l'incazzatura per un bel po'.
«Che cazzo hai combinato?» mi disse. Io me ne ero stato in disparte
fino a quel momento perché avevo tanta di quell'adrenalina in corpo
che rischiavo di scoppiare. «Chi ha sparato per primo, tu o loro?» Così
mi domandò. Non sentii più le voci dei colleghi o il baccano