Page 73 - Sbirritudine
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Ogni giorno, nella mia vita di poliziotto, c'era la strada per tornare a
              casa. Ma io sceglievo sempre quella che mi portava dagli spacciatori,
              dai  ladri,  dai  mafiosi,  dai  corrotti,  dai  criminali.  Mia  moglie  mi

              chiedeva  perché,  quando  tornavo  alle  cinque  del  mattino  e  dopo
              neanche mezz'ora mi lavavo, mi rivestivo e tornavo a Prezia. Perché?
              Perché il bianco è bianco e il nero è nero. Così avrei voluto rispondere,

              ma  non  le  dicevo  niente.  Stavo  zitto  e  aspettavo  che  la  sua  furia
              passasse.  Come  facevo  a  spiegarle  che  io  devo  prendere  i  criminali
              come un gatto deve prendere un topo, o un cane un gatto, o un uccello
              un insetto? Io devo farlo. Perché sono nato così. Questa è la mia natura,

              e mi porta a vedere le cose in maniera semplice. Non ho dubbi, io. Mai.
              Mafioso è un uomo d'onore. Uno che aiuta un uomo d'onore è mafioso
              pure lui. Il direttore di banca che infratta i soldi del mafioso è mafioso.

              Un  politico  o  un  giudice  o  un  giornalista  o  la  gente  normale  può
              provare a trovare le differenze e a far finta che ci siano delle gradazioni.
              Ma  io  no.  La  cosa  è  semplice.  Le  cose  sono  sempre  semplici.
              Complicarle è politica. Per me i criminali sono tutti uguali: perché io

              non sono un politico. Non mi posso permettere di sofisticare le cose.
              C'è  una  percentuale  dell'essere  delinquente?  Quello  ha  ammazzato  e
              quello ha rubato. Il reato è diverso, ma delinquente lo sei uguale. Ci

              sono  mille  motivi  per  averlo  fatto?  Ragioni  diverse  e  circostanze
              attenuanti?  Non  avevi  soldi?  Tuo  padre  era  mafioso  ed  è  in
              quell'ambiente  che  sei  cresciuto?  Una  giustificazione  la  si  trova  per

              tutto. Il  mio lavoro è agire. Il ragionamento e le sottigliezze toccano
              agli altri, io ti prendo e ti sbatto dentro. A farti uscire ci penseranno il
              tuo avvocato, la legge, la politica, la società civile e quella incivile, i

              giudici,  i  giornalisti,  gli  scrittori,  i  manager,  i  medici,  i  poliziotti
              corrotti,  le  amicizie  altolocate  e  tutto  il  resto  dell'Italia  compresi
              pensionati, badanti, extracomunitari, impiegati, operai e sindacalisti. Io
              faccio  il  mio  lavoro  contro  tutto  questo.  Tu  rubi,  io  ti  arresto.  Tu

              ammazzi, io ti arresto. Se fai scoppiare una bomba io ti arresto. Non me
              ne  frega  una  minchia  se  sei  dei  servizi  segreti  o  un  terrorista  o  un
              militare o uno della CIA. Se cominci a fare delle precisazioni è finita.

                 Ma certe volte anch'io ho dei dubbi. Come adesso. Mi lascio Palermo
              alle  spalle  e  riprendo  l'autostrada  in  direzione  Messina.  Perché  non

              voglio  tornare  a  casa.  Non  me  la  sento.  So  che  troverò  mia  moglie
              sveglia,  pronta  a  farmi  mille  domande  a  cui  non  ho  mai  saputo  dare
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