Page 86 - Sbirritudine
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titolare della finanziaria in cui lavorava. Il padre aveva bisogno di una
testa di legno per alcune operazioni e aveva deciso di servirsi di lui.
All'iniziò Marcello pensò che fosse un modo per dimostrargli fiducia.
In realtà era un modo per fotterlo. Lo voleva tenere al guinzaglio
facendogli commettere dei crimini, così da poterlo ricattare. Lui era
talmente innamorato della figlia che scelse l'amore di lei e il guinzaglio
del padre. Mentre raccontava, guardò una foto della ragazza in
questione appesa alla parete sopra il letto. Era un cesso. Ma contento
lui. Continuò dicendo che ormai era tutto pronto per il matrimonio,
quando scoprì che lei se la faceva con un altro. Non solo, il padre lo
sapeva bene. Marcello si era messo in testa di fare un casino. Grazie al
fratello tossico aveva rimediato anche una pistola. Poi il padre della
fidanzata gli aveva rivelato che l'amante della figlia era un uomo
d'onore. Un uomo d'onore sposato. Che quindi non poteva divorziare, e
anzi, voleva che le cose continuassero come sempre: il matrimonio con
Marcello avrebbe messo molte cose a posto. Marcello aveva capito di
essere fregato. Era coinvolto in traffici loschi ed era ricattabile. Era il
promesso sposo dell'amante di un mafioso ed era ammazzabile. Era
innamorato di una stronza e quindi era pure coglione. Mi disse che alla
fine si era convinto che quel cesso della sua ragazza avrebbe imparato
ad amarlo. Era fuso. Peggio di suo fratello. Ma, ora che era stato
scoperto, non voleva che a pagare per tutti fosse sua madre.
Io non lo informai che in realtà non avevo ancora scoperto una
minchia. Avevo una ricevuta in mano e basta. Lui però continuò a
parlare e mi rivelò che il giro delle finanziarie e dei conti correnti
serviva a coprire un traffico di stupefacenti, armi e auto di lusso rubate.
Mi diede il numero di telefono del referente dell'intera organizzazione e
poi mi abbracciò. Si mise a piangere. Aveva una vita di merda: madre
malata, fratello tossico, futuro suocero stronzo, fidanzata mignotta e lui
era già cornuto prima di sposarsi. Non lo invidiavo. Ma la dritta di
Nardo Pomodoro mi aveva spalancato un portone.
Andai dal magistrato e ottenni l'autorizzazione per intercettare il
numero che mi aveva dato Marcello. In tre giorni venne fuori di tutto.
Io e Renzo non riuscivamo a crederci. Il referente si chiamava Casimiro
Spedale e gestiva il traffico come un vigile: container pieni di armi,
auto rubate dalla Germania, droga dalla Colombia. Avevamo messo le
mani su un pezzo da novanta. Riempimmo centinaia di pagine di
appunti. Lavorammo giorno e notte per cercare di ricostruire