Page 88 - Sbirritudine
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E che aveva paura. Era lui che era nella merda, non io.
Gli sorrisi e gli proposi: «Allora, quando cominciamo a potare
l'albero?». Il giudice ci intimò di calmarci. Poi il maggiore esagerò.
«Me la paghi, questa.» Così disse. Io niente. Stavo zitto e sorridevo.
Più sorridevo e più lui si cuoceva. Gli sussurrai: «Certo che pago, poi
mi fa la ricevuta della sua finanziaria, maggiore?».
Mi prese per le spalle, io ero immobile. Il giudice si alzò in piedi e
disse che non tollerava un comportamento simile; aggiunse che, visto
che il commissariato di Prezia aveva ottenuto enormi risultati in poco
tempo, avrebbe affidato a noi le indagini. Pertanto i Carabinieri erano
fuori.
Quando uscimmo, Bosco era una pentola in ebollizione. Stava per
esplodere, lo sentivo. Tornati a Prezia, mentre discutevo con Renzo e
Cripto sulla strategia migliore per beccare quanta più gente possibile,
arrivò la telefonata del questore. Fu secco: le indagini erano di
esclusiva competenza dell'arma. C'erano dei carabinieri sospettati. I
panni sporchi se li dovevano lavare da soli. Noi avremmo ricevuto un
encomio solenne per il nostro decisivo contributo. E infatti, due mesi
dopo, l'organizzazione venne smantellata dai Carabinieri con enorme
risalto sui giornali. Cinquanta arresti. Nessun encomio per noi. E
Rizzitelli e Patalèo neanche per sbaglio sfiorati dalle indagini. I
Carabinieri avevano lavato talmente bene i loro panni sporchi che li
avevano fatti ridiventare bianchissimi.
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Cefalù. Posteggio sul lungomare. Ho voglia di camminare fino al
paese. Le luci delle case lontane galleggiano sull'acqua come lunghi
tentacoli sfocati. Molte coppiette appannano i vetri delle loro auto,
mentre un vento teso soffia improvviso. Mi sento stanchissimo. Guardo
verso il mare: dell'alba neanche l'ombra. Questa notte non vuole finire.