Page 92 - Sbirritudine
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«Sì. Ma anche con lo zio» rispose.

                 «Bene.»
                 «Qualcosa in contrario?»

                 «E perché?» dissi.

                 «Se un uomo ha molte amanti è un corna dure e se una donna fa lo
              stesso  è  una  pulla?»  Lo  chiese  passandosi  una  mano  tra  i  capelli  e

              puntandomi contro due labbra che solo a guardarle ti veniva voglia di
              morderle. Ecco l'accento. Era siciliana, di Palermo.

                 «Che vuoi, Paola?» le domandai di nuovo. Lei mi sorrise. Avrebbe
              fatto sbrogliàre pure la statua di un santo.

                 «Continuo  la  mia  corsa»  disse  solo,  «comincio  ad  avere  anch'io
              un'età  e  devo  tenermi  in  forma.»  Si  allontanò  sculettando  elegante  e

              facendo voltare mezza piazza verso di lei.
                 In ufficio mi aspettavano due belle notizie. Renzo era su di giri: da un

              minuto  all'altro  sarebbero  arrivati  i  nuovi  colleghi  della  squadra
              investigativa.  «Finalmente»  dissi,  sentendo  che  mi  tornava  il
              buonumore. L'altra notizia era che due boss latitanti si erano presentati

              spontaneamente ai Carabinieri, uno a Torino e l'altro a Parma. Le forze
              dell'ordine, noi di Prezia compresi, davano loro la caccia da anni. Ma
              nessuno  ci  era  mai  arrivato  davvero  vicino.  Perché  si  erano  arresi
              proprio  ora?  Lo  chiesi  a  Renzo.  Lo  sapeva  anche  lui  che  quei  due

              sfruttavano la formazione a cerchi concentrici per essere introvabili. Il
              loro unico referente diretto: il custode, quello che tiene in casa il boss
              latitante,  di  solito  un  insospettabile  con  famiglia,  moglie  e  figli.  Il

              primo cerchio. Il custode non sa un cazzo di come è strutturata la rete
              del boss. Lo rispetta, lo venera e considera un onore enorme il poterlo
              tenere in casa. Il custode ha il compito di portare i pizzini con gli ordini
              del  boss  in  un  luogo  convenuto,  che  cambia  sempre.  Il  custode  non

              vede  chi  riceve  i  pizzini.  Un  postino,  così  lo  chiamo  io,  recupera  i
              pizzini e li porta all'anello più esterno. Neanche lui vede il custode in
              faccia, né sa chi sia. I pizzini arrivano a quello che è a tutti gli effetti

              l'ufficio postale. Ora sono gli appartenenti a questo anello ad avere gli
              ordini. Loro sono conosciuti da Polizia e Carabinieri, ma non sono mai
              criminali  di  grosso  calibro,  altrimenti  sarebbero  perennemente  sotto

              controllo. Gente affidabile, ma non al vertice dell'organizzazione. Ogni
              pizzino ha un numero di serie, per così dire, una specie di codice che
              identifica il destinatario. Quello che c'è scritto nel pizzino è illeggibile
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