Page 96 - Sbirritudine
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piede a Prezia. Finora aveva provato a bloccarmi in tutti i modi e non ci
era riuscito. Alla fine aveva realizzato che io non mi sarei fermato, mai.
Sapeva che non gli avrebbero affidato più nessun incarico importante.
Troppe relazioni di servizio firmate da me e i colleghi. Perché noi
eravamo diventati una squadra e lui era rimasto solo. Gli diedi un paio
di settimane, poi secondo me avrebbe chiesto il trasferimento. In ogni
caso, non mi importava granché: finalmente erano arrivati i nuovi
componenti. Gente tosta. A parte Renzo e Cripto, c'era Gaetano
Guarneri, detto “Incatramato” per il colore scuro della pelle. Era
esperto di roba elettronica. Aveva lavorato anche come impiantista di
allarmi con lo zio prima di entrare in Polizia. Da una vita era
innamorato di una compagna delle medie, ma i genitori di lei non lo
sopportavano e così loro due facevano gli eterni fidanzati. Cosa che a
lui non dispiaceva. Dario Costa, detto “Arancina” per le sue forme
tonde e generose, ci sapeva fare con le intercettazioni. Distingueva le
persone dal loro respiro captato al microfono. Gianni Cangelosi era
detto “Casco” per il cranio così enorme che pareva che avesse sempre
un casco in testa. Sposato, divorziato, era fresco di un nuovo
fidanzamento in casa. Bruno Guarnotta, il “Muto”, perché aveva le
labbra così sottili e pallide che pareva che non avesse la bocca, era un
ex pilota di kart e di rally. Il padre meccanico era stato ammazzato per
sbaglio durante una guerra tra cosche a Catania. Antonello Spatola era
detto “Tacconi” perché era uguale al portiere della Juve e perché alle
ragazze, per abbordarle, diceva di essere lui per davvero. Era un
femminàro come non ce n'era, viveva per annagghiàre. Ci provava con
tutte. Aveva una memoria fenomenale e quando c'erano operazioni in
corso arrivava a dormire solo un'ora a notte. Non si stancava mai.
Il modo migliore per conoscerci, ovviamente, era lavorare insieme.
Ormai tra gli spacciatori ci eravamo fatti un giro di confidenti solidi.
Quindi era arrivato il momento di andare al livello successivo: quello
degli uomini d'onore. Era lì che dovevamo mettere radici. Bisognava
cominciare dai più deboli, e gli uomini d'onore spaccìni erano la feccia
della malavita. Gente senza coglioni. Ruffiani della morte. Ma erano
necessari a Cosa Nostra, perché erano loro a mantenere il contatto con
chi smerciava in strada. Quindi cominciammo a fare posti di blocco e
controlli a tappeto; con gli organigrammi delle famiglie di Prezia che io
e Renzo avevamo elaborato stampati in testa rompevamo i coglioni a
tutti questi galoppini. Molti erano già stati dentro per reati minori, ma