Page 102 - Sbirritudine
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mano  ferma.  Dai  suoi  uomini  pretendeva  disciplina.  Era  uno  che
              ammazzava poco. Era sospettato di pochissimi omicidi, e di altrettanti

              era considerato mandante. Quando giungeva alla soluzione estrema – e
              con  lui  ce  ne  voleva  prima  di  arrivarci,  a  quanto  raccontavano  –
              preferiva  sempre  la  lupara  bianca.  Che  in  realtà  consisteva  nello
              squagliare  i  cadaveri  degli  avversari  nell'acido:  così  la  partita  doppia

              della sua carriera omicida segnava sempre zero. Né fici né fu. Né vivi
              né morti. O almeno, forse, così lui voleva credere.

                 Andai  a  prendere  Renzo  e  Tacconi  che  si  stavano  aggigghiàndo  i
              coglioni  al  freddo  davanti  al  commissariato  alle  quattro  e  mezza  del
              mattino.  Ci  facemmo  un  giro  per  il  paese.  Poi,  in  perfetto  orario,

              suonammo al citofono di casa Tortorici. Un minuto scarso e una voce
              sicura ci rispose. Pareva che ci aspettassero. Poi pensai che Tortorici era
              un capomafia: uno così o è pronto sempre a tutto o rischia la vita. Gli

              dissi che avevo un mandato di perquisizione. Ci aprì il portone. Si era
              infilato i pantaloni e le scarpe al volo, ma dal maglione vidi spuntare il
              sopra del pigiama. Aveva provato a darsi una sistemata ai capelli, ma un
              chicchirìllo gli si ergeva ribelle in mezzo alla testa. Non ci eravamo mai

              trovati faccia a faccia, ma mi bastò poco per capire che il soprannome
              “Ragioniere” gli calzava perfettamente. Era uno con cui potevi parlare,
              ti  ascoltava.  Eppure  era  chiarissimo,  guardandolo,  che  se  non  gli

              piaceva quello che avevi da dire era capace di farti ammazzare senza
              battere  ciglio  e  farti  scomparire  sciogliendoti.  La  moglie  arrivò
              preoccupata. Era un medico, lavorava all'ospedale di Prezia nel reparto

              ostetricia, in paese era conosciuta e rispettata. Lei li faceva nascere e lui
              li  governava  e,  in  caso,  li  ammazzava:  i  due  tenevano  le  chiavi  del
              destino degli uomini e delle donne del mandamento dalla nascita fino

              alla  morte.  All'apparenza,  però,  quella  di  Tortorici  sembrava  una
              famiglia normale che si vede spuntare la Polizia all'alba senza sapere
              perché. La donna stava per dire qualcosa, ma Tortorici la prevenne.

                 «Fanno  solo  il  loro  dovere.  Domandagli  se  vogliono un  caffè.»  La
              moglie calò la testa e ci chiese se poteva offrirci qualcosa. Le dissi che

              non si doveva disturbare, che eravamo in servizio e che avremmo fatto
              presto;  lei  si  ritirò  con  dignità  in  camera  da  letto.  Renzo  e  Tacconi
              iniziarono  la  perquisizione.  Tortorici  non  li  degnava  di  uno  sguardo.
              Stava pensando: chi sarà stato? Perché oggi? Uno dei miei ha parlato?

              Era una sfinge, ma glielo leggevo in faccia che quella situazione non
              l'aveva prevista. Diedi un punto alla Patania. Tortorici si era fatto dodici
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